A confermare la portata storica e insieme surreale dell’autogol realizzato dalla maggioranza di governo ieri alla Camera basta l’esclamazione a fine scrutinio del presidente di turno, il solitamente duro ma stavolta disarmato e sorpreso Sergio Rampelli di Fratelli d’Italia: “Capisco l’euforia dell’opposizione”. La risoluzione dell’esecutivo sullo scostamento di bilancio, propedeutica all’approvazione del Def, non è passata a causa di ben 45 defezioni interne al centrodestra, con il conto dei favorevoli fermo a quota 195 a fronte degli almeno 201 voti necessari per licenziare il provvedimento a maggioranza assoluta. In ballo anche i 3,4 miliardi di euro, già annunciati dal governo in pompa magna, previsti per tagliare il cuneo fiscale.

Un Cdm “lampo” e “riparatorio” nel tardo pomeriggio di ieri ha provato a rimettere in carreggiata il pacchetto Def con possibili votazioni alle Camere già oggi, con la premier Giorgia Meloni che da Londra ha diffuso irritazione e ordini. Ma oltre l’impatto economico c’è quello politico: è la prima volta da inizio legislatura che le numerose, frammentate e litigiose opposizioni del governo possono esultare, insieme. E pensare che Elly Schlein, Giuseppe Conte, Matteo Renzi e compagnia non hanno dovuto fare nulla per vincere la loro prima battaglia parlamentare “comune”. «Il governo ha fatto tutto da solo, è una disfatta figlia di sciatteria e incapacità», ci dice il deputato Ubaldo Pagano, capogruppo del Pd in commissione Bilancio.

Onorevole adesso che succede?
La maggioranza di governo segua le regole, il Cdm modifichi la risoluzione bocciata oggi (ieri per chi legge, ndr) e la riproponga prima all’esame delle commissioni di Camera e Senato e poi al voto delle Camere. Ma si parla di un nuovo voto alle Camere già nelle prossime ore. Sarebbe una forzatura, una brutalità costituzionale. Il centrodestra rispetti la Costituzione e le norme.

Quali sono le conseguenze pratiche di questo incidente d’aula?
Ad esempio rischiamo i miliardi della riduzione del cuneo fiscale e l’Italia ha fatto una brutta figura a livello internazionale. Giorgia Meloni e il ministro Giancarlo Giorgetti si presentano all’estero rappresentando un paese che non ha le carte in regola.

Ma secondo lei cosa c’è dietro questo autogol?
Una disfatta figlia di sciatteria e incapacità della maggioranza ma, si dice, anche di altro. Cioè? Le assenze dentro la Lega potrebbero essere anche un segnale di scontentezza verso la premier, in particolare sulle nomine delle grandi partecipate. Il governo ne esce male. È la prima vittoria delle opposizioni in questa legislatura. Sì, noi del PD ci abbiamo sempre creduto all’unione delle opposizioni e oggi abbiamo esultato insieme ai colleghi del Movimento 5 stelle, di Azione e di Italia Viva.

Ultima domanda, nel Pd ultimamente ci sono stati diversi addii, come quello del senatore Enrico Borghi e il probabile congedo dell’europarlamentare Caterina Chinnici. Lei teme una diaspora?
Io sono dispiaciuto per i parlamentari che se ne vanno ma sarei molto più dispiaciuto se se ne andassero gli elettori.