I profondi cambiamenti che si sono verificati negli ultimi anni in molti settori della società, ad iniziare da quelli provocati dall’epidemia Covid 19, hanno radicalmente modificato, fra le altre cose, anche l’approccio al mondo del lavoro. In una situazione di forte incertezza, instabilità ed imprevedibilità del futuro, il modello organizzativo che dava forma al lavoro è stato messo in discussione, con una conseguente forte richiesta di cambiamento.

Se prima il lavoro era percepito tradizionalmente come fonte di reddito o di status, oggi, soprattutto fra i più giovani, è visto come strumento di realizzazione personale, che sì permetta di crescere professionalmente, ma che, allo stesso tempo, tenga conto delle proprie necessità personali, del proprio benessere psico-fisico e della propria valorizzazione e considerazione all’interno del contesto lavorativo aziendale.

Se a tutto ciò aggiungiamo l’innovazione tecnologica, la digitalizzazione e l’automazione, risulta chiaro come oggi sia indispensabile e non più procrastinabile la definizione di una nuova organizzazione del lavoro e del welfare state, che garantisca da una parte un maggior benessere e soddisfacimento dei lavoratori, grazie anche ad un loro maggiore coinvolgimento nei processi aziendali, e dall’altra un miglioramento della qualità e della capacità produttiva del nostro sistema industriale, che deve essere pronto ad affrontare le tante sfide che lo attendono in un mondo globalizzato.

In quest’ottica i due progetti di legge che ho presentato alla Camera dei Deputati nel corso della XVIII legislatura, relativi alla riorganizzazione dell’attività aziendale su quattro giorni lavorativi a parità di stipendio ed alla condivisione degli utili aziendali con i dipendenti, hanno tutte le caratteristiche per dare risposte esaurienti a queste nuove esigenze.

È di questi giorni la notizia che anche il Brasile è pronto a testare la settimana lavorativa di 4 giorni, che laddove è stata sperimentata – in Gran Bretagna, Australia, Stati Uniti, Giappone e Spagna, solo per citare alcuni Paesi – ha dato risultati più che soddisfacenti in termini di produttività, di riduzione dei costi e di apprezzamento da parte dei lavoratori, al punto tale che parecchie aziende, alla fine della sperimentazione, hanno deciso di proseguire su questa via in modo definitivo.

La settimana corta a parità di retribuzione risponde alle mutate esigenze sociali e del mercato del lavoro e persegue l’obiettivo di aumentare la produttività, generando al contempo effetti positivi sul benessere dei lavoratori, su consumi ed investimenti, con effetti moltiplicativi sulla produzione che potrebbero altresì incentivare nuove assunzioni.

Ridurre le ore lavorate mantenendo gli stessi stipendi costituirebbe un auspicabile adeguamento dei salari orari, inciderebbe positivamente sul work life balance, avrebbe effetti moltiplicativi, stimolando i consumi per la maggiore disponibilità di tempo a parità di reddito, oltre ad effetti positivi sul benessere soggettivo dei lavoratori e ad un non trascurabile impatto ambientale, garantendo oltre al resto all’azienda un incentivo fiscale legato ad una riduzione dell’IRAP dovuta. In altre parole, una spinta rilevante alla crescita del PIL. L’evoluzione dei processi produttivi, le nuove dinamiche di organizzazione del lavoro e la forte richiesta di cambiamento degli approcci e delle aspettative sono altresì correlati all’opportunità di un maggiore coinvolgimento dei lavoratori nel processo produttivo, di una maggiore partecipazione degli stessi alla vita dell’impresa, con uno spirito collaborativo fra datori e prestatori, finalizzato a favorire la produttività, la competitività dell’impresa sul mercato ed il benessere di tutti gli attori in campo.

In quest’ottica una valida risposta può essere resa dal secondo progetto di legge sopra citato, mirato promuovere la partecipazione dei dipendenti alla gestione ed alla distribuzione degli utili d’impresa. Settimana corta a parità di stipendio e partecipazione dei dipendenti alla gestione ed agli utili dell’azienda, due strumenti in grado di offrire da subito risposte efficaci e valide alle nuove esigenze nate dai tanti cambiamenti in atto, per favorire la crescita del sistema imprenditoriale italiano e per garantire migliori condizioni lavorative, economiche e sociali delle persone che vi lavorano.

Gianfranco Librandi

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