Il conflitto
Le 76 domande a Vladimir Putin che blandisce “la simpatia dell’Italia”. Sulla guerra Zelensky aspetta segnali dagli alleati
Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky, i due leader nemici di una guerra che da quasi tre anni sconvolge la vita dell’Ucraina e i ritmi del mondo, si sono parlati a distanza. Uno a Mosca, l’altro a Bruxelles. Uno circondato da fedelissimi. L’altro dagli alleati europei che cercano di capire come gestire il dossier più difficile degli ultimi anni. Il conflitto che ha cambiato le regole del Vecchio Continente e rimescolato le carte ed equilibri che sembravano ormai scritti in via definitiva.
Le domande a Vladimir Putin
Lo zar ha parlato nella sua classica conferenza-fiume di fine anno. Un incontro durato quattro ore e mezza in cui Putin ha detto di tutto, rispondendo a 76 domande. Il presidente, pur ammettendo le difficoltà che vive il suo Paese, ha predicato calma, rassicurando la sua opinione pubblica riguardo anche riguardo l’economia. Ha voluto mostrare un senso di controllo su tutto, con cui anestetizzare i timori del suo popolo, in un mix di aperture e show di forza, minacce e nostalgia di tempi migliori. Ed è soprattutto sull’Ucraina, su Donald Trump e alla Siria che il discorso ha toccato i temi più importanti. Quelli decisivi soprattutto per questa fine del 2024 e per il 2025. Putin ha lanciato diversi segnali. Non ha mancato anche di avvertire i suoi apparati per l’omicidio del generale Kirillov, definito “un fallimento dell’intelligence”. Ma l’occhio del presidente russo si è posato principalmente su Kiev, su cui Putin ha voluto di nuovo mettere in chiaro i suoi concetti più importanti. Il capo del Cremlino ha garantito che la regione di Kursk sarà riconquistata presto e la ricostruzione partirà in breve tempo. Poi, ha avvertito l’Occidente riguardo i missili, in particolare gli Oreshnik, dei quali c’è stato un primo devastante assaggio nell’ormai noto raid di Dnipro. Ma il vero messaggio è stato quello sulla possibilità di un negoziato. “Se qualcuno va alle urne e ottiene legittimità, siamo pronti a parlare con chiunque, compreso Zelensky”, ha detto Putin. “La Russia non ha precondizioni per avviare dei negoziati con l’Ucraina”, ha continuato il capo del Cremlino, ma “firmerà dei documenti di pace solo con il legittimo leader dell’Ucraina”, ribadendo che Mosca “è pronta a negoziare sulla base degli accordi raggiunti” a Istanbul nel 2022, subito dopo l’inizio dell’invasione, partendo però “dalla situazione sul terreno”.
Il messaggio a Trump
Lo zar ha voluto insistere su due temi: la presunta illegittimità di Zelensky senza una nuova elezione presidenziale e la necessità di un accordo che però tenga conto dell’occupazione dei territori ucraini del Donbass e della Crimea. “Non abbiamo bisogno di una tregua, abbiamo bisogno di una pace a lungo termine, duratura e con garanzie per la Federazione Russa e i suoi cittadini”, ha dichiarato il presidente. Un accenno è arrivato anche all’Italia, quando Putin ha parlato di Silvio Berlusconi, uno dei leader con cui lo zar vorrebbe di nuovo “prendere un tè”, e della “simpatia della società italiana” per la Russia. Ha parlato anche della Siria, dicendo di non avere ancora parlato con il suo vecchio alleato Bashar al-Assad, fuggito a Mosca e di avere ancora speranze per le basi di Tartus e Latakia. E il capo del Cremlino ha voluto anche inviare un messaggio a Trump, che a gennaio metterà di nuovo piede nella Casa Bianca. L’arrivo di The Donald può essere senza alcun dubbio la svolta. Putin lo sa e si è detto pronto a discutere con lui “in qualsiasi momento”, anche a vederlo. Un segnale da non sottovalutare, perché è proprio il presidente eletto degli Stati Uniti uno dei più importanti trait d’union dei due discorsi, quello dello zar e quello del presidente ucraino. Zelensky, arrivato a Bruxelles per discutere con gli alleati europei, non ha mostrato alcun dubbio. Per Kiev, è indispensabile avere dalla propria parte Washington. Zelensky, che ha accusato Putin di essere “un pazzo che ama uccidere”, ha voluto puntare soprattutto sull’unità di intenti di tutto l’Occidente, cioè di Stati Uniti, Regno Unito e Unione europea. Nella capitale belga, il leader di Kiev ha voluto parlare chiaro: “È molto difficile mantenere il sostegno all’Ucraina senza gli Stati Uniti”.
La questione che divide l’Europa
L’Europa non basta, quindi, per il presidente del Paese invaso. C’è bisogno di Trump, c’è bisogno di Londra, e c’è bisogno soprattutto della Nato. Zelensky ha fatto capire che per una pace servono garanzie di sicurezza definitive. Per Kiev non è sufficiente nemmeno parlare di un cessate il fuoco e tantomeno un conflitto congelato. I peacekeeper europei possono essere parte di un’iniziativa importante, ha spiegato il presidente ucraino. Ma per il suo Paese, il capo dello Stato vuole soprattutto rassicurazioni sulla sua difesa e certezze riguardo ciò che potrebbe avvenire anche in un ipotetico dopoguerra. E quella dell’Alleanza atlantica è l’unica prospettiva che in questo momento sembra interessare davvero a Zelensky e al suo staff. Una questione che però da tempo divide l’Europa e che non sembra essere apprezzata dallo stesso futuro capo della Casa Bianca. Ma per il presidente ucraino, che sa che potrebbe avvicinarsi il momento di sedersi al tavolo delle trattative, serve far capire a Putin di non avere vinto la guerra a livello strategico. E questo obiettivo, per Kiev, passa solo dal rafforzamento del legame con l’Occidente.
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