Quella di Anna Leonori, ternana, mamma di due ragazzi di 13 e 17 anni, è una storia incredibile di dolore ma anche di amicizia. Si porta addosso i segni indelebili e irrimediabili di un gravissimo errore che le ha stravolto la vita. Per una diagnosi sbagliata di tumore le sono state amputate gambe e braccia, la sua vita stravolta per sempre. Proprio quando tutto sembrava più buio in suo supporto è arrivata Bebe Vio che l’ha supportata in questo difficilissimo momento: “Imparerai a spostarti da un posto all’altro e nelle valigie avrai solo protesi. Farai una vita che si avvicina il più possibile alla normalità”, le disse. Anna ha postato su Instagram la foto di quel momento: “L’incontro decisivo che ha segnato tutto il mio percorso, grazie Bebe Vio #forza #nuovavita #amputeegirl #incontro”.

Il calvario di Anna è iniziato nel 2014 quando riceve una diagnosi agghiacciante: un tumore maligno che richiede un intervento molto invasivo. A raccontare l’assurda vicenda è il Messaggero. Viene operata a Roma con l’asportazione di utero, ovaie, 40 linfonodi e della vescica sostituita con una ortotopica. Ma il referto dell’esame istologico non rileverà alcuna formazione maligna: non era un tumore. Sono seguiti 4 anni di inferno: infezioni, febbre, dolori lancinanti, ricoveri. Fino al 7 ottobre 2017, quando viene ricoverata in ospedale e operata per una “peritonite acuta generalizzata causata dalla perforazione della neo vescica” che le è stata fatta dopo la diagnosi di tumore. Ne è seguito un mese e mezzo di coma profondo, il trasferimento a Cesena e la terribile necessità di tagliarle gambe e braccia. Ora chiede giustizia: “Sono stata costretta a rivivere il mio calvario, a sottopormi a una visita di fronte ad una quindicina di periti. Tutto questo in attesa di avere giustizia per i danni che ho subito. La cosa che mi addolora è che l’ospedale di Terni, la mia città, in tutti questi anni non mi ha neppure chiamato a visita”, ha raccontato al Messaggero.

La sua vita è distrutta ma ha reagito a tutto grazie alla forza che le hanno dato i suoi figli. Al Messaggero racconta anche i sui avvocati avevano già inviato una richiesta di apertura di sinistro per il risarcimento del danno patito dalla donna. Ma non aveva avuto nessuna risposta da parte delle strutture che hanno avuto in cura la donna. Così i due avvocati si sono dovuti rivolgere al tribunale civile. “I periti concluderanno il loro lavoro a giugno. Non so come andrà a finire questa fase ma so con certezza che non si libereranno di me in alcun modo. Se sarà necessario affronterò anche il processo”, ha detto Anna.

Ma c’è un motivo preciso per il quale Anna non ha intenzione di mollare: “Le costosissime protesi acquistate grazie alle raccolte fondi di associazioni di volontariato e privati mi hanno cambiato la vita – ha raccontato Anna -. So bene che non avrò mai più l’autonomia ma mi hanno restituito un minimo di dignità nella vita di tutti i giorni. La quotidianità è fatta di tante cose, alcune non potrò farle mai più da sola, altre grazie alle protesi sì. Il problema è che si deteriorano e che sono garantite solo per due anni. Non è un capriccio la necessità di avere un risarcimento per quello che ho subito. Vivo ogni giorno con la preoccupazione che si possa rompere un pezzo, cosa che mi costringerebbe a tornare sulla sedia a rotelle”. Anna da un anno utilizza protesi di ultima generazione grazie ai consigli di Bebe Vio la sua vita è migliorata drasticamente ma il riconoscimento del danno subito per lei è fondamentale.

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Laureata in Filosofia, classe 1990, è appassionata di politica e tecnologia. È innamorata di Napoli di cui cerca di raccontare le mille sfaccettature, raccontando le storie delle persone, cercando di rimanere distante dagli stereotipi.