Le Asl facciano presto, servono indicazioni più precise su specialisti da assumere

I tempi lunghi per un intervento chirurgico sono diventati lunghissimi con il Coronavirus che per mesi ha bloccato le sale operatorie. Ieri il Riformista si è occupato di liste d’attesa e delle strategie da mettere in campo per migliorare i Lea (Livelli essenziali di assistenza) operativi in Campania dal prossimo gennaio. I sindacati medici, valutando il tallone malato che frena la corsa della Campania in sala operatoria, coinvolgono la Regione. «Sulle liste d’attesa chirurgiche devono lavorare i tecnici della Regione valutando – spiega Antonio De Falco, segretario regionale della Cimo (Confederazione italiana medici ospedalieri) – il fabbisogno epidemiologico per conoscere, a seconda del territorio, le esigenze dei pazienti. A cadenza fissa arrivano in Regione le schede di dimissione ospedaliera di tutte le aziende sanitarie: permettono di capire quali interventi vengono fatti e la lunghezza delle liste d’attesa per dieci o per cinquanta interventi di appendicectomia. Stesso discorso per la colecisti, lo stomaco, il colon, il pancreas. La radiografia delle attese chirurgiche – con l’aiuto dei computer – si può realizzare in tempo quasi reale permettendo a chi governa la sanità di valutare se un intervento molto complesso (ma richiesto magari da poche persone in un anno) merita una costosa équipe in Campania o se è il caso di inviare altrove quei pochi utenti».

Pesano sulla sanità i dieci anni di commissariamento perché l’alternanza dei vari commissari, con i loro consiglieri, ha impoverito gli staff dell’ex assessorato alla Sanità. «Paghiamo lo scotto – incalza De Falco – perché solo dopo aver valutato il fabbisogno epidemiologico dei pazienti si può capire se il fattore di produzione è alto o basso. Oggi le liste d’attesa chirurgiche sono purtroppo di una lentezza impressionante per gli interventi considerati non urgenti». Chi sono i manager? Chi sono i capi area dedicati al controllo di qualità dell’assistenza? Qualcuno è bravo e preparato, ma negli uffici si trovano ancora persone timorose e forse non adatte a quel ruolo. Nessuna palla al centro sulle liste d’attesa chirurgiche perché il calcio di rigore spetta alla Regione.

La Cimo spiega il perché: «Ad agosto sono stati nominati o confermati dalla Regione parecchi direttori generali che hanno presentato un piano triennale di fabbisogno di personale. Sappiamo – conferma De Falco – che in tante specialità si lamenta da anni una carenza di personale e che i corsi di specializzazione vengono banditi e finanziati dal governo. Ma le singole Regioni hanno la possibilità, con propri finanziamenti, di chiedere l’allargamento dei posti a concorso. Facciamo qualche esempio: le aziende sanitarie Napoli 1, Napoli 2, l’azienda ospedaliera di Avellino e l’azienda universitaria hanno consegnato alla Regione piani aspecifici di fabbisogno di personale. Ogni manager ha scritto: ci servono cinquanta medici; un altro ne chiede invece duecento. Chi sono, che devono fare? Qual è la loro specialità? Il direttore Postiglione dovrebbe rileggere queste pratiche con generiche richieste di medici “tuttologi” chiedendo al mittente di indicare le specializzazioni di cui ha bisogno. Un direttore generale sa quanti cardiochirurghi gli servono, di quanti anestesisti ha bisogno e – conclude il segretario della Cimo – soprattutto in questo momento ha il dovere di essere chiaro e trasparente per consentire alla Regione di lavorare bene per il futuro».