Partita a scacchi ed emoticon
Le chat di Open mandano in tilt Travaglio e Conte, il Fatto ‘bastona’ i 5 Stelle evocando “l’immunità” per Renzi
L’aula del Senato voterà in una delle prime sedute di gennaio sul conflitto di attribuzione sollevato da Fiammetta Modena (Fi) nella Giunta per le immunità, dopo che ieri – con 14 sì, due no e 3 astenuti – i membri dell’organismo ristretto di Palazzo Madama lo hanno consegnato al voto del Senato. Ma è stata bagarre nei gruppi (il Pd dilaniato tra garantisti e meno garantisti) e cortina fumogena tra le disordinate tifoserie pentastellate. Il conflitto di attribuzione sollevato in seno alla giunta per le autorizzazioni del Senato ha infatti mandato in tilt gli sherpa di Pd e Cinque Stelle. Che hanno capito tardi (e male) l’oggetto del contendere, sollevando una messe di polemiche subito dopo il voto in Giunta.
Riepilogando: lo stesso senatore Renzi chiede alla Presidente Casellati se si può sollevare un conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale con l’esigenza di andare a fondo sulla natura giuridica delle comunicazioni che avvengono con mezzi telematici – WhatsApp, sms, email – rimanenti in una zona ‘grigia’ poco definita da leggi e regolamenti. Nella Giunta per le elezioni e le immunità è la senatrice azzurra Fiammetta Modena che se ne fa portavoce, chiedendo di acquisire un parere sulla valenza giuridica delle chat. La quantità di materiale finito nei faldoni dell’inchiesta Open è impressionante: molte migliaia di ore di conversazioni ascoltate, chilometri di pagine di trascrizione con le chat private e personali di Renzi e dei suoi collaboratori, e che amici e familiari hanno avuto con lui. Che a questo punto vuole acquisire un parere alto, un pronunciamento da parte della Corte Costituzionale se quel materiale può essere allegato agli atti o meno. Se ha valore di fonte efficace, stante la decodifica particolarissima del sottotesto delle messaggerie che tra abbreviazioni, gif, emoticon e testi dall’alto grado ironico si prestano a errori di interpretazione costanti. La questione non è da poco.
Ma non si tratta affatto di dare o meno un parere sulla procedibilità del senatore Renzi. Sta di fatto che al Fatto non ci hanno visto più, o forse non ci o visto bene: Marco Travaglio e Peter Gomez (tutti e due, uno solo non bastava) si incaricano di “bastonare” i Cinque Stelle che sulla questione si sono prudentemente astenuti. “Rischiano l’estinzione se vanno avanti così”, tuona Gomez in un corsivo sobriamente intitolato: “Cari Cinque Stelle, tornate a bordo, cazzo! Sennò scomparirete”. La testata “ammiraglia” del Movimento prende un abbaglio, continuando a parlare di salvataggio dal processo. Le sirene giustizialiste ululano, mentre Matteo Renzi – che il procedimento vuole celebrarlo, “rispondendo punto su punto” – viene ammesso in Procura a Firenze per rendere spontanee dichiarazioni. Ma Travaglio: “Dal 2013, quando entrarono in Parlamento, i pentastellati avevano sempre votato contro qualunque pretesa immunitaria”. Un misunderstanding, per chiamarlo così, tanto grande da mettere anche Conte nel mirino.
L’Avvocato del popolo, colto alla sprovvista, corre ai ripari da par suo: “Il M5S voterà contro in Aula sull’inutilizzabilità delle intercettazioni di Matteo Renzi su Open”, annuncia trionfante Conte, che aggiunge che sarà “un voto politico”. Si becca un bel “giustizialista nel midollo con la pochette” da Di Maio, Marco. Il vice capogruppo di Italia Viva alla Camera. Come mai il giornale più amato dai grillini sia caduto in errore, non è dato sapere. Per Forza Italia hanno fatto una forzatura tanto per fare polemica. La senatrice Modena lo spiega al Riformista: “Non hanno capito, o meglio non hanno voluto comprendere, che la Giunta non ha imboccato la strada di uno scudo per non far fare il processo a Renzi. Non c’è peraltro nessuna richiesta di immunità. Renzi non ha richiesto le tutele dell’ex art.68 della Costituzione. Abbiamo proposto il conflitto di attribuzione, facendo notare come si sia sconfinato nell’ascolto”. E la Giunta ha dato parere favorevole. “E’ difficile dire oggi quale sia l’atto contro il quale la Giunta del Senato ha proposto di sollevare il conflitto di attribuzione e sul quale si sta decidendo”.
Gregorio De Falco, senatore del gruppo misto, membro della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari di Palazzo Madama, non nasconde i suoi dubbi, raggiunto dall’Adnkronos. “Nel corso della seduta sono state proposte due pregiudiziali – ricorda De Falco che ha votato contro la relazione, assieme all’ex presidente del Senato, Pietro Grasso – la prima sulla competenza, proposta dal presidente Grasso, la seconda dalla senatrice Rossomando, sulla necessità di integrare l’istruttoria, per aver piena consapevolezza di quale fosse l’atto, il provvedimento, della magistratura, nel quale si sarebbe oggettivato lo sviamento di potere, che poi è il motivo della sollevazione del conflitto di attribuzione di fronte alla Corte costituzionale, oggetto stesso del conflitto di attribuzione”. Rossomando, da noi sentita, riepiloga così: “Avevo proposto un’istruttoria per l’acquisizione di atti che sarebbero serviti per esprimersi in maniera compiuta, ma preso atto della volontà della maggioranza della Giunta di concludere l’iter senza esaminare gli atti sui quali viene sollevato il conflitto. In queste condizioni abbiamo deciso di astenerci, perché la precondizione del garantismo è basarsi sul merito”.
Dagli uffici di Andrea Marcucci trapela l’insofferenza per un Pd che si allinea a Conte, quando poi Conte si mette sull’attenti per Travaglio. “Ci sono giorni in cui è utile tornare alla nettezza di Leonardo Sciascia per ricordarsi che non può esistere un partito che sia di centrosinistra e al tempo stesso arrendevole con la furia dei giustizialisti”, dice il portavoce di Marcucci, Aldo Rosati. Si evoca il grande scrittore siciliano: “Mi ripugna quando mi sento dire che sono un garantista. Io non sono un garantista: sono uno che crede nel diritto, che crede nella giustizia”.
La conferenza dei capigruppo di Palazzo Madama dovrà a breve individuare la data per la messa in votazione. Il M5S di Conte, richiamato all’ordine da Travaglio, voterà contro. Il Pd è chiamato a dare un segnale significativo, in una direzione o nell’altra: la richiesta che la Corte Costituzionale svolga una riflessione approfondita sull’utilizzo delle chat e delle messaggerie non inficia in nessun caso lo svolgimento del processo. La cosa peggiore che si può fare, quando si è a un bivio, è prenderlo in pieno.
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