La prima città fu costruita da Caino, il primo fratricida (Gen 4,17). Il legame della città con Caino ci fa pensare che la sua origine sia collegata alla violenza. Lo stesso ci suggerisce la storia delle origini di Roma, sempre due fratelli, sempre una violenza dalla quale poi sorgerà l’Urbe. A livello simbolico sembra dunque che la città e dunque la civiltà, il diritto, nascano come risposta, connaturata all’essere umano, alla violenza. La città è il luogo da cui possono nascere relazioni sane ma è anche il luogo dove ci si può nascondere evitandole.

Facendo un salto di parecchi secoli è interessante osservare come molti degli attentati terroristici che hanno attraversato l’Europa nell’ultimo decennio, siano stati compiuti da persone cresciute nelle nostre città. È interessante anche notare come molte delle criticità della contemporaneità siano condensate nei territori e nella città. La sfida dell’accoglienza dell’altro, trova il suo specchio nelle periferie non solo fisiche ma esistenziali del cittadino; quella del cambiamento climatico, trova il suo specchio nell’inquinamento sempre più pervasivo dell’aria dei centri in cui viviamo (un inquinamento tossico anche nei nostri rapporti); lo sviluppo tecnologico trova uno specchio nella necessità di modernizzare le città rendendole più vivibili e allo stesso tempo nelle solitudini universali del cittadino che vaga nella rete cittadina vivendo relazioni mediate dalla tecnologia (dal rinchiudersi in un’auto allo scrivere su uno smartphone mentre cammina senza guardare ciò che lo circonda, dalle metro affollate ai più fragili e agli anziani che dalla tecnologia spesso sono isolati).

Il territorio e la città sono uno specchio del nostro vivere insieme, anche in Europa. La violenza nasce sempre da una a-relazionalità con sé stessi e con l’altro ed è dunque alla relazionalità che la città deve ambire, è anche nella sua origine simbolica. È forse scordandoci questa origine simbolica, inconscia, del nostro vivere insieme attraverso il territorio, che le città dell’oggi possono cadere nella corruzione e nella violenza. Ciò che però serve per costruire una relazione con sé stessi e con l’altro è la cura. La cura della propria persona e dell’altro è ciò che dischiude il territorio a opportunità, a possibilità per il futuro, a un di più che sfocia nella costruzione di una comunità. Un’Europa che dimentica questo rischia di continuare a sottovalutare i risvegli tragici che ha già vissuto con gli attentati terroristici. La cura e la cultura vanno insieme per creare processi positivi e generativi nei nostri territori. Le città in Europa sono connesse tra loro? Cosa fa l’Europa al riguardo? È dal basso, dal territorio (bottom-up) che la civiltà europea è fiorita.

In tal senso si muovono alcune delle politiche UE. Tra esse troviamo il Patto di Amsterdam del 2016 che ha dato origine all’agenda urbana, il FESR (Fondo Europeo di Sviluppo Regionale) e il programma Horizon Europe.
Il Patto non promuove le città come protagoniste delle politiche urbane a livello europeo. Esso ha ad oggetto un patto tra Stati sulle città e non un patto dell’UE con le città. L’Agenda Urbana europea definita nel testo non sembra essere un piano ambizioso ma si propone solo di sperimentare la capacità delle città di assumere un ruolo di leadership istituzionale nello sviluppo di politiche europee rispetto alle priorità individuate, cercando di favorire un miglior coordinamento. Sicuramente nel testo vi è un cambio di approccio da parte delle istituzioni europee. Si prova a costruire una collaborazione puntando su temi come la rigenerazione urbana, la sostenibilità e la coesione territoriale con centri di piccole e medie dimensioni.

Il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) è uno dei principali strumenti finanziari della politica di coesione dell’UE si prefigge di contribuire ad appianare le disparità esistenti fra i diversi livelli di sviluppo delle regioni europee e di migliorare il tenore di vita nelle regioni meno favorite. Esso è finalizzato a sostenere lo sviluppo intelligente e sostenibile dei territori co-finanziando interventi nell’ambito dell’innovazione e della ricerca, del sostegno alle piccole e medie imprese, alla transizione verso una economia a basse emissioni di carbonio e per la realizzazione della agenda digitale europea. Nello stesso senso, quello dell’innovazione, va il programma Horizon Europe.
In conclusione, l’UE può fare molto di più. Le nostre città possono diventare leader di un cambiamento a livello non solo continentale ma globale solo qualora fossero valorizzate ricostruendo attraverso il territorio (con cura, cultura e tempo) quelle relazioni che troppo spesso vengono abbandonate alla solitudine, all’indifferenza e all’incuria. Sono queste malattie che fanno cadere le nostre città, le comunità e le relazioni nella violenza. La sicurezza non basta, serve investire anche in cura e cultura.

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Professore universitario, romano, classe 1984. È laureato in Giurisprudenza ed è dottore di ricerca in filosofia del diritto, politica e morale. Ha lavorato per l’UE e per lo European Patent Office. Attualmente svolge attività di consulenza come Policy Officer per le policies europee. Appassionato di filosofia, cerca, nei suoi scritti, di ridare un respiro esistenziale alla quotidianità e alle sfide politiche