Esteri
Le condizioni dello stato di diritto in Polonia e Ungheria sono un problema per la credibilità dell’Europa
È comprensibile la confusione di paesi che pensano di vedere la luce alla fine del tunnel del processo di adesione e constatano che alcuni stati che sono già membri dell’EU infrangono le regole senza (quasi) alcuna conseguenza.
La credibilità dell’Unione europea è a rischio per quanto riguarda lo stato di diritto. Polonia e Ungheria contribuiscono a minare il lavoro serio in questo importante settore che si sta cercando di condurre nei paesi candidati ad entrare nell’UE. Durante il processo di adesione, gli stati si impegnano ad allineare diversi ambiti all’acquis comunitario europeo. L’acquis comunitario è l’insieme dei diritti, degli obblighi giuridici e degli obiettivi politici che accomunano e vincolano gli stati membri dell’Unione europea e che devono essere accolti senza riserve dai paesi che vogliono entrare a farne parte. I paesi candidati devono accettare l’intero “acquis” per poter aderire all’Unione europea e per una piena integrazione devono accoglierlo nei rispettivi ordinamenti nazionali, adattandoli e riformandoli in funzione di esso; devono garantire la sua piena ed efficace attuazione a partire dalla data in cui divengono membri della UE a tutti gli effetti.
Una parte di tale insieme di regole e valori riguarda proprio lo stato di diritto; gli stati candidati si impegnano ad affrontare la corruzione, a garantire l’imparzialità del sistema giudiziario, e ad introdurre riforme per rafforzare il sistema giudiziario. Considerato il comportamento di alcuni stati già membri, che non rispettano lo stato di diritto che è parte essenziale dell’acquis, come può l’EU richiedere ai paesi candidati ulteriori riforme per adeguarsi alle regole? Se non riusciamo nemmeno a garantire lo stato di diritto nei paesi già membri? Con quale serietà possiamo fare comunicati, e scrivere rapporti sulla situazione interna di quei paesi, se noi per primi non riusciamo a garantire il livello dello stato di diritto che dovrebbe esserci?
A partire dal 2021, il bilancio dell’Unione dispone di un ulteriore livello di protezione nei casi in cui le violazioni dei principi dello Stato di diritto compromettano rischino di ledere gli interessi finanziari dell’UE. Questa protezione si chiama condizionalità finanziaria e consente all’UE di adottare misure – ad esempio la sospensione dei pagamenti o l’applicazione di rettifiche finanziarie – per proteggere il bilancio. Anche se è stato presentato come novità assoluta, il tema della condizionalità dello stato di diritto non è nuovo. I paesi dei Balcani conoscevano questo concetto da tanto tempo, già dopo gli allargamenti del 2004 e del 2007.
L’Unione europea aveva infatti esercitato una pressione senza precedenti sugli Stati membri candidati per soddisfare i criteri di adesione all’UE, sotto forma di direttive politiche o di ciò che viene comunemente chiamato condizionalità. Ora, Polonia e Ungheria in questi anni hanno dimostrato di non attenersi all’acquis per quanto riguarda lo stato di diritto ed in particolare l’indipendenza del sistema giudiziario e la libertà dei media. E giustamente alcuni paesi candidati hanno cominciato a chiedere perché devono adottare determinate riforme, se sistematicamente i due paesi membri dimostrano che non ci sono conseguenze serie per il non rispetto dello stato di diritto.
È comprensibile la confusione di paesi che pensano di vedere la luce alla fine del tunnel del processo di adesione, ma sono ancora sulla soglia, e constatano che alcuni stati che sono già membri dell’EU infrangono le regole senza (quasi) alcuna conseguenza. Tra l’altro, è notizia del 3 ottobre 2023 la decisione della Commissione europea di sbloccare 13 miliardi di euro di fondi congelati per l’Ungheria, in cambio del sostegno del primo ministro Viktor Orbán a un’integrazione del bilancio UE e ad aiuti per Kiev; i fondi, congelati per problemi legati allo stato di diritto, potrebbero essere sbloccati entro la fine di novembre.
Questo a mio avviso servirà solamente a conferma per alcuni che lo stato di diritto non ha bisogno di essere implementato – può essere semplicemente barattato con altre questioni. Una tale decisione, oltre a essere profondamente sbagliata, rischia di fare danni a medio e lungo termine, in quanto giustificata soltanto dalla necessità di breve termine di garantire un sostegno maggiore per l’Ucraina (causa di per se giustificata). Inoltre rischia di fungere da precedente per il futuro e per altri. Il diritto dell’UE è (e deve essere) vincolante e non un menù a scelta.
Potrebbe essere una via percorsa da alcuni autocrati, nei Balcani, che farebbero dello stato di diritto una moneta di scambio, trasformando, in tal modo, il processo di adesione in una modalità che si allontana dai principi che lo motivano: la democrazia, la tutela dei diritti fondamentali e, appunto, lo stato di diritto.
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