Come trascorrono le giornate in carcere? A raccontarlo in una lettera a Sbarre di Zucchero è una detenuta che ha vissuto anche l’ isolamento. Racconta di aver dormito per giorni interi, sola e estraniata, rincuorata solo dalle visite delle altre detenute che ogni tanto le allungavano un caffè e qualche sigaretta. Poi la vita in carcere è cambiata quando è stata trasferita in sezione insieme alle altre.  Una abitudinaria routine fatta di nulla o poco, che si ripeteva inesorabilmente tutti i giorni a orari precisi e sempre uguale. In carcere tutti i giorni sono identici e rischiano di gettare le persone recluse in un vortice di disperazione. “Quel posto veramente è stato molto duro e faticoso, ma le persone che ho avuto vicino mi hanno dato la forza e ho cercato anche io di dare la mia per rendere almeno la nostra convivenza piacevole e di supporto ad una situazione già brutta di per sé”, racconta la detenuta nella lettera. Ne riportiamo di seguito il testo integrale.

Sono entrata in carcere a febbraio 2021. La sera in cui arrivai mi ricordo che ero estraniata completamente, non sentivo niente in merito a quello che stava succedendo e dopo una intera giornata dalla finanza arrivai alla sera e mi chiusero in isolamento, dopo il tram-tram del controllo. Ho dormito penso giorni interi, le ragazze venivano alla mia cella, per fortuna, e mi portavano sigarette e caffè. Che felicità ricevere quelle piccole cose. Finito isolamento inizio la vita vera in carcere, tra doccia mattutina calda o fredda a seconda della giornata e altre cose, ho sempre cercato di tenermi impegnata. Col periodo Covid però non c’ era molto da fare, non c’ erano tante attività promosse. Anzi nessuna. Sono finita nella cella 290, la mitica cella 290, la mia dimora per un anno, eravamo in 3, ragazze che considero famiglia ora. Tutte le ragazze della sezione sono state per me persone importanti. Senza di loro non sarebbe stato uguale. E ringrazio dio che ho trovato belle persone nel mio viaggio.

Già alle 6 ero sveglia, io e una mia concellina scendevamo dal letto e ci trasferivamo per non svegliare l’ altra concellina. Nel bagnetto della cella, mettevamo sul fornellino la moka già pronta dalla sera prima per il primo caffè. Mi ricordo il freddo (io e la mia concellina abbiamo indossato il pigiama in pile fino a maggio!). Dopo 2 moke e sigarette al bagno, e il buon giorno, arrivava l’ infermiera e il carrello con la colazione e così cominciava la giornata. Si svegliava anche la nostra altra concellina e la terza colazione aveva inizio sedute a tavola, il momento più bello della giornata (con un po di fantasia)! Un rassetto veloce della camera, due chiacchiere, oroscopo mattutino alla TV, rtl music per iniziare bene la giornata a ritmo di musica e tatan si sente urlare al microfono: battitura! Già, ogni mattina stessa routine: con un martello le guardie passavano a verificare che le sbarre fossero integre.

Se era mia turno andavo a lavorare, pulivo sezione, sennò c era l’orario per le docce comuni e si andava all’ aria a camminare. Giù ci si incontrava con le ragazze delle altre sezioni e diciamo la mattina andava. Con l’ orario di pranzo alle 12.30 mi incontravo con le mie concelline e si chiaccherava del più e del meno. Cercavo sempre di tenere su il morale anche se non è stato sempre facile ma ci si aiutava in questo l’una con l’altra: quando una non ne poteva più una c’era l’ altra che cercava di dare quel sorriso in più. Per quello ringrazio sempre per le persone che ho avuto vicino. Il pomeriggio era un po’ più lungo, infinito direi. Dopo l’aria del post pranzo, in cui giocavo a calcetto (ero numero uno, ogni tanto). Era divertente perché tenere impegnato cervello non ti fa pensare tanto ai problemi, alla condanna e alla pesantezza di quello che vedi, senti. Della tristezza che vedi negli occhi delle persone, della rabbia,…

Di fatto dopo le 16 non c era molto da fare, tra tv e TV arrivava l’ora della cena alle 18.30 in seguito partita a carte, ci ritrovavamo in saletta e via quante guerre a carte eravamo agguerrite proprio! Arrivano finalmente le 9 orario di chiusura e dalla saletta ci chiudevano di nuovo in cella. Per me era il secondo momento più bello della giornata, un altro giorno era passato. Se avevano voglia con le radioline di radio Maria ci sintonizzavamo sulla stessa frequenza cuffiette e via si rideva scherzava ballava sennò chiaccheravamo e se ci andava preparavano frittelle o cose da mangiare per il film serale. Ho vari bei ricordi nel cuore che ho costruito con fatica perché quel posto veramente è stato molto duro e faticoso, ma le persone che ho avuto vicino mi hanno dato la forza e ho cercato anche io di dare la mia per rendere almeno la nostra convivenza piacevole e di supporto ad una situazione già brutta di per sé. Purtroppo solo tra noi detenute: non c’era nient’altro che ti dava la forza, almeno parlo per me. Ora sono ai domiciliari, la fine ancora non la vedo, ma vado avanti perché non si può mollare mai.

a cura di Rossella Grasso

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