Le mani della camorra su bar e ristoranti, clan nelle società in cambio di denaro contante

La camorra torna a puntare a ristoranti e pizzerie. L’allarme delle associazioni antiracket e antiusura è chiaro: il settore rischia di essere monopolizzato dalla criminalità organizzata. E a conferma del sospetto ci sono già i primi casi di imprenditori, titolari di pizzerie e ristoranti che prima della pandemia erano aziende floride e in attivo, contattati da sedicenti imprenditori in odore di camorra per cedere le attività in cambio di liquidità, tanta e subito. “È chiaro il tentativo di penetrazione da parte della criminalità organizzata nel tessuto economico del Paese.

Lo scenario non è bello – spiega Luigi Cuomo, presidente nazionale di Sos Impresa – C’è il concreto rischio di trovare, dopo questa crisi, un’economia infiltrata in cui le imprese sane avranno molte più difficoltà di sopravvivenza”. Del resto, già in passato inchieste dell’Antimafia avevano alzato il velo sulle velleità imprenditoriali dei boss della camorra cittadina e svelato come gli investimenti nella ristorazione, come anche nel trasporto e nella distribuzione di generi alimentari, fossero il modo per ripulire i soldi della droga.

La pandemia da Covid-19 offre ai clan nuove occasioni di business e di consensi. I business, la camorra, prova a realizzarli puntando alle imprese che attualmente sono in difficoltà perché costrette temporaneamente a chiudere o a ridimensionare le attività. Quanto ai consensi, la camorra li prende comprando la paura, la disperazione e la solitudine della gente a poco prezzo. Bastano 300 ma anche 100 euro, una busta della spesa piena di generi di prima necessità, per ottenere una cambiale virtuale che sarà portata all’incasso dopo, quando la pandemia sarà finita. “È una modalità adottata in tutti i quartieri della città, come se ci sia un’unica regìa”, avverte Cuomo.

Come se i clan, dopo l’iniziale smarrimento per effetto delle prime misure restrittive e dei primi contagi da Coronavirus, si siano organizzati per sfruttare a proprio favore il clima di ansie e timori generato dalla pandemia. Dismessi, quindi, i panni di camorristi violenti, i boss si stanno mostrando alla gente, soprattutto nelle zone più disagiate, come una sorta di benefattori. Ed ecco che i loro gregari sono mandati in giro a distribuire spesa e soldi a chi in questo periodo non ne ha. È il “welfare della camorra”, il modo con cui le cosche provano a inserirsi lì dove lo Stato non riesce ad arrivare in tempo, o non riesce ad arrivare proprio.

In provincia il fenomeno sta assumendo contorni ancora diversi. Nell’area stabiese, ad esempio, è l’usura il rischio più temuto “perché in quelle zone è un fattore culturale, moltissime famiglie sono abituate a ricorrere agli usurai e lo fanno con naturalezza, per avere liquidità da utilizzare nella gestione ordinaria dell’economia domestica”: a spiegarlo è Daniele Acampora, presidente della Fondazione Exodus ’94. Mentre nella penisola sorrentina, dove a pagare il prezzo più alto della crisi sono soprattutto gli imprenditori del turismo e i lavoratori stagionali, il rischio usura è il nuovo allarme.

La Fondazione Exodus ’94 si sta attivando per fornire sostegno economico agli imprenditori in difficoltà (con prestiti rimborsabili, senza interessi, in 60 rate) e aiuto psicologico a chi ha bisogno di ascolto e supporto, e tutto tramite parrocchie ed enti locali. Resta reale il pericolo che il tessuto imprenditoriale venga fagocitato dalla camorra o travolto dalla crisi.

A livello regionale il presidente di Confesercenti, Vincenzo Schiavo, ha raccolto il grido d’aiuto di commercianti e imprenditori: “Senza interventi urgenti e concreti il tessuto imprenditoriale italiano e quindi anche campano verrà perso. Le aziende non hanno ancora avuto risposte adeguate, non si riescono a capire le modalità di ottenimento delle misure e siamo arrivati già ad aprile.

Gli imprenditori hanno bisogno di avere liquidità in tasca per sostenere le spese e mantenere in vita le proprie aziende. Occorre che le banche aprano i loro fortini, dando economia agli imprenditori. Speriamo, inoltre, di ricevere quanto prima dalla Regione e dal governatore De Luca risposte alle nostre missive ufficiali mandate il 20 e il 24 marzo. Noi di Confesercenti diamo voce alle piccole e medie imprese campane che sono in terapia intensiva a un passo dalla morte”.