Il ministro degli Esteri, Sergei Lavrov, fa un blitz a sorpresa in Kenya per annunciare l’arrivo di un carico di 30mila tonnellate di fertilizzanti al porto di Mombasa e per vedere il presidente, William Samoei Ruto. L’ambasciatore della Repubblica centrafricana a Mosca, Leon Dodonu, dichiara in un’intervista che il suo Paese ha “bisogno di una base militare russa dove siano tra i 5 e i 10mila soldati” che “potrebbero essere utilizzati, se necessario, in altri Paesi”.

A metà maggio il presidente del Sudafrica, Cyril , ha annunciato una missione insieme ai leader di Congo-Brazzaville, Egitto, Senegal, Uganda e Zambia per parlare con Kiev e Mosca e proporre un dialogo per un futuro accordo di pace. Nel frattempo, gli Stati Uniti accusano il governo sudafricano di avere venduto armi ai russi lo scorso anno con una nave che avrebbe fatto sosta vicino Città del Capo. Pretoria lancia un’inchiesta, e intanto è scontro sull’ipotesi che l’immunità diplomatica delle delegazioni del Brics permetta a Vladimir Putin di recarsi in Sudafrica senza rischiare l’arresto per il mandato della Corte penale internazionale.

Tutti pezzi di un puzzle africano in cui sembra sempre più chiaro che le ramificazioni della Russia sono non solo estese, ma anche (se non soprattutto) profonde. Non è un caso che il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, abbia compiuto proprio in questi giorni un tour tra i vari Paesi africani. Il capo della diplomazia ucraina è stato in Marocco, Etiopia, Mozambico, Nigeria e Ruanda e ha ribadito al termine del viaggio l’intenzione di “liberare” il continente dall’influenza di Mosca. Una missione “complicata” – come ha ammesso lo stesso ministro di Kiev – ma che a suo dire è anche necessaria sia per questioni diplomatiche sia per motivi economici.

Del resto, che Putin abbia da tempo inserito l’Africa al centro della propria agenda internazionale è cosa risaputa. In questi anni sono stati molti i segnali di un grande radicamento degli interessi russi nel continente. Ma se prima tutto questo sembrava lontano dalle luci dei riflettori mediatici, dopo lo scoppio della guerra in Ucraina l’attenzione da parte dell’Occidente si è concentrata anche su questa regione e sui suoi rapporti con la Russia.

Molti osservatori credevano che l’invasione da parte di Mosca avrebbe interrotto, o quantomeno ridotto, i rapporti sempre più consolidati tra questi due mondi. Eppure, nonostante la pressione occidentale e di buona parte della comunità internazionale, i Paesi africani sono risultati spesso impermeabili a questo tipo di pressing e accuse. Lo testimoniano non soltanto le votazioni in sede Onu, dove spesso alcuni governi del “sud del mondo” hanno evitato di condannare la Federazione Russa, ma anche la continuità dei viaggi dei delegati russi in Africa e viceversa di funzionari africani in Russia così come la conferma di numerosi accordi strategici che hanno come protagonisti il Cremlino e le sue controparti in diverse aree del continente. Queste partnership si basano su diversi binari, a volte ufficiali, a volte molto meno.

Numerosi accordi sono pubblici. nero su bianco, e confermano intese che vanno avanti da decenni nel settore militare, energetico, delle materie prime o alimentare. Altri invece rientrano in quella vasta area grigia in cui agiscono interessi ed operazioni più o meno oscure e in cui molto spesso appare la mano di Evgheni Prigozhin, il fondatore e capo della compagnia Wagner. Attraverso questi vari e diversificati canali di comunicazione, ufficiali come non ufficiali, Mosca è riuscita a creare un sistema di amicizie con cui è in grado di coprire quasi tutto il continente.

Tutto questo rappresenta certamente un punto interrogativo sul modo in cui l’Africa possa essere strumentale non solo per gli interessi russi in diversi settori economici, ma anche come leva negoziale nei confronti dell’Europa. Non solo come fattore di destabilizzazione, ma anche come potenza in grado di escludere gradualmente i governi occidentali da rapporti proficui con i partner africani. Un problema che riguarda sia il rapporto triangolare tra Ue, Mosca e i Paesi del continente, sia, seppure indirettamente, quelli con la Cina, dal momento che la Wagner – così come gli alleati russi nell’area – possono diventare veri e propri “guardiani” degli interessi economici di Pechino in Africa. La “alleanza senza limiti” tra Cina e Russia può avere uno dei suoi campi di applicazione proprio alle porte meridionali dell’Europa.