I virologi non hanno capito nulla: la popolazione cinese è stata salvata dalle arance che l’ex sottosegretario Michele Geraci ha fatto inviare mezzo aereo dalla Sicilia. Tanta buona italiana vitamina C estratta dalle nostre succulente arance, così d’incanto quella dell’esportazione dei preziosi agrumi è diventata un importante voce delle nostre esportazioni. Non ricordate? Era una delle tante inutili quanto pubblicizzate iniziative inserite nell’ambizioso progetto della Nuova Via della Seta. Sembra passato un secolo, invece è passato un anno da quando il Professore sottosegretario Michele Geraci è riuscito a trascinare il Presidente Xi Jinping con tanto di moglie e rappresentati del regime al seguito, in quel di Palermo. Ecco: il paradosso è servito.

Ciò che non è riuscito all’ex coppia governativa di fatto, Michele Geraci-Luigi Di Maio, è riuscito allo stramaledetto Coronavirus. Quale paradosso? Ora abbiamo la Nuova Via della Seta Sanitaria, naturalmente, anche questa, a senso unico. E, altrettanto naturalmente, siamo costretti ad importare tanto e esportare nulla. Dobbiamo acquistare un enorme quantità di materiale sanitario e tecnologia medica dalla Cina. La beffa della beffa. Le nostre imprese sono quotidianamente bastonate dalla forzata chiusura, conseguentemente l’economia italiana è in ginocchio. Però, ciò che occorre per la nostra sopravvivenza, lo dobbiamo importare dalla Cina.

Il Ministro-bibitaio Luigi Di Maio continua a postare su Facebook inneggianti proclami: «Ho il contratto che abbiamo firmato oggi per 100 milioni di mascherine che arriveranno nelle prossime settimane dalla Cina». Evviva! Per fortuna che ci sono loro, i salvatori! Un affare per tutti (loro, la Cina). Mascherine, respiratori, grembiuli e respiratori? È come importare la nuova materia prima ora che il petrolio è crollato a venti dollari al barile! Il petrolio del Coronavirus sono le mascherine. L’oro del Coronavirus sono i respiratori.  Non è solo un problema italiano, né europeo, ma mondiale. Occorrono grandi quantità di mascherine, le produzioni autoctone non sono sufficienti e le scorte sono ridicole rispetto alla crescente domanda. Non è colpa di nessuno: chi poteva immaginare un simile disastro.

Il ministro della Sanità francese Olivier Véran ha annunciato l’acquisto di un miliardo di mascherine, buona parte di queste arriveranno dalla Cina. Per trasportarle è stato organizzato un ponte aereo con cinquantasei voli da distribuire in quattordici settimane. Il primo Boeing 777 Cargo della Air France è atterrato la scorsa settimana a Roissy con un carico di dieci tonnellate di merce sanitaria. Il quotidiano spagnolo El Paìs racconta di un mega contratto da 432 milioni di euro di materiale sanitario acquistato dalla Cina: mascherine, guanti, materiale di protezione, test rapidi e respiratori. Si è mossa anche l’industria aerospaziale con Airbus che ha messo a disposizione alcuni aerei cargo per trasportare dalla Cina all’Europa mascherine e altro materiale. Il ministro della Salute dell’Olanda ha rispedito al mittente merce sanitaria non giudicata idonea proveniente dalla Cina.

Nel Paese del Dragone si stima come nei soli mesi di gennaio e febbraio (i dati provengono da una società di statistiche cinese) siano nati ottomila produttori mascherine. Il Bankong Post ha intervistato un imprenditore: «Una macchina per mascherine è una vera stampante di contanti», ha detto Shi Xinghui, direttore delle vendite di una società di macchine per mascherine N95 nella città di Dongguan, nella provincia sud-orientale del Guangdong. «Stampare 60.000 o 70.000 maschere al giorno equivale a stampare denaro». Nonostante gli Stati Uniti possano contare sulla produzione della multinazionale 3M, della Du Pont e della Prestige Ameritech la situazione non è delle migliori. Così l’agenzia Bloomberg: «Gli Stati Uniti hanno solo circa l’1% dei 3,5 miliardi di maschere di cui ha bisogno per combattere un grave focolaio, ha detto il segretario alla Salute e ai Servizi Umani Alex Azar. Il paese prevede di acquistare 500 milioni di maschere chirurgiche e respiratori N95 per le scorte nazionali».

Naturalmente il buon Ministro Luigi Di Maio non può che accodarsi alla lunga lista dei pretendenti di mascherine, guanti, grembiuli e qualsiasi altra merce utile per supportare l’emergenza. Però ciò non giustifica affatto l’ottimismo, l’entusiasmo e il sornione sorriso del Ministro. Non significa utilizzare come vetrina gli annunci mediatici modello eroe di guerra quando, con i nostri quattrini, Di Maio è riuscito ad acquistare milioni di mascherine. Anzi, sarebbe opportuno che il Signor ministro degli Esteri dimostrasse (non solo a gesti, ma magari anche con poche ma chiare parole o ancora i più con i fatti) il sentimento di ira. Proprio così: ira. Perché è quello il sentimento degli italiani. Come abbiamo già più volte sottolineato, se la Cina avesse avuto un comportamento più lineare, se non avesse mentito, se non avesse censurato, se avesse comunicato per tempo alle autorità (come era tenuta in base al Regolamento Sanitario Internazionale di cui è una dei firmatari) i morti, i danni, i disastri sarebbero stati minori. Forse non ci sarebbe stata pandemia.

Il paradosso è che per amici della Cina questo è ora diventato un momento di gloria: gli amici cinesi ci stanno salvando. E ridono come se la popolazione italiana fosse imbevuta di stupidità e passasse gli interminabili pomeriggi ad invocare e benedire le magnificenze del Ministro Di Maio.  Caro Ministro, forse non l’hai ancora capito, ma gli italiani sono incazzati perché un virus cinese sta distruggendo le loro imprese, il loro posto di lavoro, la loro vita. Continua a sorridere beffardamente, Pechino te ne sarà grata. Gli italiani, no