I commenti sono unanimi: Kamala Harris ha vinto e Donald Trump è rimasto impigliato nella sua retorica non aggiornata, le frasi puerili e inopportune sulla razza, gli immigrati che non mangiano i bambini ma i cani e gatti delle famiglie americane, il Messico e la Cina in combutta per invadere gli States di auto sottocosto. E – quel che è peggio – non è riuscito a dare scandalo in modo selvaggio ed è stato prevedibile.

Scontro brutale sulla politica estera: Trump vuole “far fare la pace” tra aggrediti ucraini e aggressori russi e fa capire di adorare Putin. Ha anche tessuto un’ode di Viktor Orbán, l’uomo forte ungherese, un po’ nella Nato e un po’ con la Russia. Uno dei due intervistatori ha chiesto seccamente: lei vuole che vinca l’Ucraina? E Trump: voglio la pace. Kamala è stata netta: siamo schierati con l’Ucraina, non solo perché è giusto e perché la legge internazionale è stata vietata, ma perché, se non lo facciamo, Putin proseguirà nelle sue aggressioni. E su Israele, Kamala che si era distinta da Biden schierandosi con i palestinesi, ha fatto marcia indietro senza curve: riconosciamo ad Israele il diritto di difendersi. Poi, si vedrà di andare avanti col doppio Stato.

Harris-Trump, la mano all’inizio, poi via senza guardarsi

All’inizio, lei si è presentata porgendogli la mano: “Kamala Harris”, e lui: “Donald Trump”. Alla fine, non si sono guardati in faccia. E Trump sapeva di aver perso: si chiedeva solo quanto gravemente. I numerosi commentatori ripetevano che non basta un dibattito per determinare il voto, ma è vero il contrario, come tutti sanno dal celebre primo scontro fra i candidati Richard Nixon e John Kennedy nel 1960. Dopo dieci minuti dalla fine del dibattito arrivavano anche dal fronte repubblicano contorti commenti che ammettevano la sconfitta.

Le espressioni di Kamala guidata da esperti attori

Lei ha studiato come una nerd ma ha dato molto valore al linguaggio del corpo e del viso, guidata da esperti attori. Per ogni circostanza aveva pronti segmenti di requisitoria per rinfacciare a Trump tutti i suoi delitti veri o presunti, dall’incitamento all’insurrezione contro Capitol Hill a tutti i processi in cui è stato dichiarato perseguibile di dozzine di reati ed ha fatto uso della sua esperienza oratoria dei tempi in cui era Attorney General, il primo magistrato della California. Ma l’espressione è sempre stata di compatimento o derisione come quando lui ha sostenuto che gli emigranti si nutrono di cani e gatti delle famiglie americane: “It seems a little extreme!”, ha detto con tono sarcastico: “Mi sembra un po’ eccessiva!”.

Trump si difendeva dicendo che un signore gli aveva detto che il suo cane era stato mangiato e non è riuscito a superare l’impasse, mentre la Harris recitava la sua fedina penale con un tono non aggressivo ma spietato che suggeriva l’implicita conclusione: che ci fa uno come te in corsa per la Presidenza degli Stati Uniti?

Trump muppet impacciato e… sordo

Lei una campionessa di espressioni: stupite, sconsolate, condiscendenti, gelide. Lui, un muppet di Sesame Street con la buffa scultura di capelli arancione, ma impacciato, irrequieto e ripetitivo. Kamala: “Ai comizi di Trump, dopo cinque minuti la gente se ne va”. E lui: “Non è vero! Se ne vanno dai tuoi”. “Childish”, commentavano i giornalisti: puerile. Con l’assenza di Joe Biden, personaggio decrepito, Trump è apparso nel confronto con la Harris, più vecchio e con qualche istante di confusione di cui la Harris approfittava ripetendo: “l’America ne ha abbastanza del vecchio: ha bisogno del nuovo”. Trump strizzava gli occhi sporgendosi come se non udisse bene e gli spietati commentatori in rete prendevano nota: è un po’ sordo. Lui ha accusato lei di non avere programmi e di aver scopiazzato il suo e lei lo ha allora accusato di “belittering”, di voler sminuire e deridere tutto ciò che viene da una donna, politica o giornalista.

Sull’incerta identità etnica della Harris, Trump aveva ragione: Kamala si presentava all’inizio della sua vicepresidenza come “una black woman”, ma poi ha cambiato idea e si è dichiarata genericamente di colore per una madre emigrata dall’India. Ma Trump ne aveva fatto uno stanco ritornello ripetendo fuori tempo massimo che la Harris non sa ancora se è bianca o nera. E lei: “Quest’uomo divide per razze un paese che vuole l’unione, ed era un giovane razzista quando non vendeva case ai neri perché gli deprezzavano gli immobili”. Sull’aborto Trump ha usato le tinte forti degli aborti all’ottavo, nono mese e persino dopo la nascita come dimostrano due casi mostruosi pendenti in tribunale. Lei ha difeso il diritto delle donne a disporre del proprio corpo e non si è mossa.

Harris-Trump, dall’Ucraina a Israele

Poiché Kamala è stata definita da Putin come la sua candidata preferita, il tema dell’Ucraina è stato ricorrente e Trump ha ripetuto che prima ancora di entrare alla Casa Bianca avrà già imposto una trattativa di pace fra Russia e Ucraina. Il moderatore gli ha chiesto: “Lei desidera che l’Ucraina vinca?” Trump ha risposto come piace a Putin: “Io voglio solo che la guerra finisca”. Tradotto: che l’Ucraina smetta di combattere accettando le mutilazioni inferte dalla Russia. La Harris ne approfitta e lo accusa di essere non soltanto dalla parte di Putin ma di parteggiare istintivamente per qualsiasi “Uomo forte, perché a lui piacciono gli uomini forti e non ha alcun interesse per la democrazia”. L’ex Presidente non aveva più risorse e dice che se Putin ha invaso l’Ucraina la colpa è di Biden perché avrebbe potuto fermare la guerra se non avesse detto solo idiozie”.

Questa di amare più i tiranni o coloro che sfidano le regole della democrazia è stata forse l’accusa politica più efficace elaborata dalla Harris e lo ha fatto dopo l’incredibile panegirico di Trump sul premier ungherese Orbán, uomo descritto come un campione di saggezza e di amor di patria. Trump propone come modello per gli americani una versione Orbán alla Casa Bianca.
E lei gli ha ricordato di aver promesso campo libero a Putin per prendersi tutti quei paesi europei che non pagano abbastanza per la Nato. Sulla Nato la Harris è stata netta: l’Alleanza Atlantica è perfettamente viva e non un vecchio attrezzo del passato, come dimostrano i casi di Finlandia e la Svezia che hanno rinunciato alla neutralità in cambio di una protezione contro la Russia. Il dibattito è durato quasi due ore, anziché i previsti 90 minuti.

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.