A chi sosteneva che impedire alle navi delle Ong di battere il Mediterraneo fosse una scelta sciagurata, perché comportava l’aumento dei morti nel nostro mare, si è sempre risposto con una controdeduzione abbastanza ragionevole. Che poi era il cavallo di battaglia, ad esempio, di Matteo Salvini. La controdeduzione era questa: no, i morti diminuiscono perché il fatto che non ci siano in mare le Ong scoraggia gli esuli e li sconsiglia di salire sui gommoni.
Quindi meno partenze, meno arrivi, meno morti. Si poteva anche controbattere che i morti, in percentuale, rispetto alle partenze, erano in netto aumento. Ma la risposta, anche qui, non era
sciocca: i morti si contano in numeri reali, le percentuali lasciamole agli scrutini elettorali. Giusto, forse. Ora però arriva uno studio realizzato da una istituzione accademica importante, come la European University Institute – accademica finanziata dall’Europa – il quale, numeri alla mano, ci dice che le cose non stanno così. La presenza in mare delle navi della Ong – o viceversa
la non presenza – non ha modificato il flusso delle partenze. Le quali, invece, sono condizionate da tre elementi: il bel tempo, o il cattivo tempo; l’accendersi o l’affievolirsi delle guerre nei paesi africani (e in particolare in Libia); la stretta dei governanti libici contro gli aspiranti migranti, determinata dagli accordi col governo italiano.
Ecco i numeri, che sono contenuti in una ricerca, molto dettagliata, condotta da due ricercatori italiani, Matteo Villa (un ricercatore dell’Ispi) ed Eugenio Cusumano (ricercatore dell’Ue). Nella ricerca si osserva che nel corso del 2019 sono sparite dal Mediterraneo le navi italiane ed europee, di conseguenza il peso dei soccorsi è rimasto tutto sulle spalle della guardia costiera libica e delle organizzazioni umanitarie. Villa e Cusumano hanno potuto fare un esame giorno per giorno, basato sui dati ufficiali ricevuti dalle agenzie dell’Onu e dalle guardie costiere italiane e libiche. Questi dati dicono che le navi delle Ong sono state attive per 85 giorni contro i circa 225 giorni nei quali non sono state presenti.
Il numero delle partenze non ha nessuna oscillazione. La presenza o meno delle navi delle Ong non ha alcuna influenza. Ma la parte più consistente della ricerca riguarda l’intero quinquennio
2014 – 2019. In questi cinque anni, le navi umanitarie hanno soccorso 115.000 migranti su 650.000, con una media del 18 per cento. I soccorsi sono avvenuti soprattutto nel biennio 2016-2017. Poi il codice di condotta voluto da Minniti nell’estate 2017 e il decreto sicurezza di Matteo Salvini hanno più o meno cancellato le Ong. Bene, nel 2015, cioè nell’anno nel quale le Ong
si affacciano massicciamente nel Mediterraneo (aumentando i loro interventi, che prima riguardavano solo lo 0,8 per cento dei profughi e da quel momento arrivano al 13 per cento), il numero complessivo delle partenze risulta in calo rispetto all’anno precedente. Tradotto in parole semplici: più Ong in mare, meno partenze.
E ancora, nella prima metà del 2017, nonostante le tante navi umanitarie presenti, il numero degli sbarchi crolla. Perché crolla? Perché il governo italiano di centrosinistra ha firmato gli accordi con le autorità libiche, le quali hanno costruito i campi di concentramento dove tengono prigionieri, in condizioni disumane, gli aspiranti profughi. Naturalmente ciascuno può dare
il giudizio che vuole sugli accordi italo-libici (recentemente abbiamo pubblicato su questo giornale il giudizio molto severo di Emma Bonino) e ritenere inumana la collaborazione con la Libia, o ritenerla invece un male necessario, un prezzo da pagare. Però è importante che se si discute di politiche migratorie e di organizzazione dei soccorsi in mare, si tenga conto dei dati reali e non di ipotesi basate sull’intuizione.
Da oggi la discussione può essere molto più serena. E con serenità, forse, bisogna prendere in considerazione l’ipotesi di tornare a dare spazio alle navi di soccorso. Partendo dal dato di fatto che i soccorsi servono solo a diminuire il numero dei morti e non aumentano gli sbarchi. Se le cose stanno così non credo che nessuno abbia dubbi sulla necessità di aumentare i soccorsi. Senza bisogno di rimangiarsi le proprie idee, semplicemente adeguandole alle nuove informazioni che ci vengono fornite dagli studiosi.
Del resto, come spesso succede, non fu la politica a iniziare l’operazione anti-Ong. Fu, come spesso accade nel nostro Paese, la magistratura. Il procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, aprì un’inchiesta contro alcune organizzazioni umanitarie, che lui sospettava di “intelligenza col nemico”, e cioè di avere compiuto e di compiere azioni concordate con gli scafisti libici, o ddirittura
suggerite da loro. Il risultato dell’inchiesta fu il codice Minniti e la progressiva scomparsa delle navi umanitarie. L’inchiesta giudiziaria fece il suo corso e si concluse con un nulla di fatto: ma dopo aver raggiunto il discutibile risultato dell’azzeramento dei soccorsi. E dell’aumento dei morti.