Quando, nel 2001, ho deciso di lanciarmi nella produzione di compound di polipropilene e di fondare la Lapo Compound, la legge sulle quote rosa nei consigli di amministrazione delle imprese non era stata ancora approvata. Quell’impegno ha rappresentato per me una sfida non da poco sotto il profilo imprenditoriale, ma anche sotto quello umano. Non erano pochi, infatti, i pregiudizi verso una donna giovane che si inseriva in un contesto economico prevalentemente maschile. Questi, però, non mi hanno mai influenzata né scoraggiata. E ciò è stato possibile perché ho sempre creduto nell’emancipazione delle donne, del Sud e, prima ancora, del merito.

Lo dimostra l’impostazione che, sin dal primo momento, ho impresso alla mia impresa. Ho investito in formazione e ricerca con l’obiettivo di valorizzare i diversi punti di vista che caratterizzano ciascun genere e che, se opportunamente amalgamati, possono aiutare un’azienda a diventare leader del mercato. In più, ho dato valore al merito, soprattutto a quello femminile che c’è e dev’essere riconosciuto. Ciò mi ha consentito di centrare due importanti traguardi. Il primo: all’interno della mia azienda, le posizioni apicali sono occupate da donne che, nel tempo, si sono segnalate per competenze e capacità di affrontare anche i contesti più complessi. Il secondo: anno dopo anno, la Lapo Compound è diventata una realtà industriale forte e, a breve, aprirà alcuni stabilimenti all’estero. E questo anche grazie al determinante apporto della componente femminile della mia squadra.

Dieci anni dopo la nascita dell’azienda, ecco la legge che ha imposto una certa percentuale di donne all’interno dei consigli di amministrazione. Questo provvedimento è stato duramente osteggiato, anche da parte del mondo industriale. Eppure ha sortito effetti importanti: i cda sono stati svecchiati, visto che le donne che lavorano sono mediamente più giovani dei colleghi uomini, e al loro interno è aumentata la percentuale di laureati e di componenti che vantano dottorati o titoli post laurea. A certificarlo è uno studio dell’università di Torino che sottolinea anche come i gruppi dirigenziali misti siano mediamente più produttivi di quelli composti da soli uomini (nei fatti) o da sole donne (in teoria).

Fare impresa e promuovere il ruolo delle donne, dunque, si può e si deve. Ma, a dieci anni dalla legge sulle quote rosa, con un approccio diverso. E cioè garantendo quei servizi pubblici – dalla scuola agli asili nido – che consentano alle donne di esprimere le loro competenze, il loro carattere, la loro creatività. È una strategia che può contribuire al rilancio del Sud. La mia esperienza ne è la garanzia.