Le religioni in Italia hanno vita difficile, l’isolamento che sfocia in frustrazione e violenza

Vita difficile per le religioni in Italia, e non a causa dell’inarrestabile secolarizzazione e del disinteresse nichilista per le fedi. Ma per una diffusa intolleranza che il più delle volte ha radici lontane che con la fede hanno poco a che fare. Una condizione, peraltro, che accomuna tutti, vecchi e nuovi cittadini, fedeli delle tradizioni del Libro e nuovi culti venuti da lontano.

L’intolleranza religiosa in Italia

È quanto emerge da un’interessante ricerca appena pubblicata dal Volocom Institute of Strategic Studies, che ci risveglia a una condizione purtroppo molto diffusa nel nostro paese: l’intolleranza religiosa è tra i problemi più urgenti da affrontare e motivo di forte instabilità sociale. Quando poi fa il paio con le rivendicazioni identitarie e l’esclusione sociale ed economica, la miscela diventa esplosiva. E si tratta di un virus infido e pervasivo che coinvolge tutte le comunità, nessuna esclusa. Sia nel ruolo di vittima che in quello di carnefice.

Prima ancora che sul piano collettivo, il fenomeno riguarda il rapporto tra le persone che diventano aggressive perché mosse da ignoranza e da un senso di isolamento che sfocia in frustrazione e violenza. È curioso e inconsueto il dato della proporzione tra le forme che penseremmo essere più diffuse – l’aggressione o il terrorismo – e invece una diffusa attitudine alla violenza verbale e psicologica, come emerge dall’analisi di oltre 300 notizie raccolte su media e social in un intero anno. Quest’ultima rappresenta infatti oltre due terzi dei casi e nasce da una cultura del sospetto e del pregiudizio, cui si lega l’impossibilità di trovare interlocutori affidabili e risposte credibili a problemi molto concreti.

Le stesse istituzioni religiose faticano a guidare un processo di integrazione che richiederebbe prima di tutto di affrontare il tema delle giovani generazioni, che sono quelle maggiormente attratte dalle sirene dell’estremismo, religioso da un lato e politico come reazione. I casi di violenza fisica, soprattutto ai danni dei luoghi di culto, riguarda “solo” il 20% dei casi e appena il 10% è riconducibile ad atti di terrorismo. Percentuali che non diminuiscono di certo la gravità degli atti, ma che risultano essere in primo luogo la diretta conseguenza della non sufficiente prevenzione rispetto a situazioni che diventano poi esplosive o ingestibili (come l’antisemitismo montante).

Serve dialogare

Dunque basta un sincero e impegnato dialogo tra confessioni a spegnere un incendio che sembra alimentato da interessi poco riconducibili a questioni di carattere dottrinale o culturale? Gli autori della ricerca restano convinti che l’intolleranza alla fine fallisce il suo compito perché non riesce a ridurre totalmente a propaganda le ragioni della fede, che non ammettono confini e parlano alla dimensione più ultimativa e profonda dell’umano. Ma occorre un impegno serio per fermare la strumentalizzazione delle fedi e una collaborazione ancora più stretta con la politica. Questa è la porta da tenere aperta per la speranza.