Iran e Turchia descrivono Haniyeh come un “fratello” e un “martire” e ne definiscono l’uccisione un proditorio assassinio, volto a sconvolgere la causa palestinese, la gloriosa resistenza di Gaza e la giusta lotta dei loro fratelli palestinesi; atto mirante a demoralizzare e a intimidire i palestinesi; una azione spregevole che dovrà avere una adeguata risposta. Ciò che accomuna Ankara a Teheran è il fatto che entrambe sono le maggiori sostenitrici di Hamas, ma vi sono soprattutto le loro preziose relazioni economiche-commerciali e un lungo confine di 560 chilometri. Con la duplice eliminazione di capi terroristici, quali Fouad Shukr, comandante di Hezbollah in Libano, responsabile dell’attacco di Majd al Shams e Ismail Haniyeh capo politico di Hamas, ucciso nel cuore di Tehran, Israele ha dimostrato di avere una capacità di intelligence sorprendente e ha lanciato in questo modo un messaggio profondo e molto eloquente non solo al cosiddetto “asse della resistenza”, ma anche all’Iran, che suona così: “Vi daremo la caccia ovunque e per sempre”.

I responsabili del raid

Israele ha ricordato ai suoi nemici che nessuno avrà mai scampo se torcerà un solo capello a un cittadino israeliano e se minaccerà il suo legittimo diritto all’esistenza e alla sua integrità territoriale. Ha sempre tenuto a precisare di non essere un paese aggressivo, ma pronto a difendere con ogni mezzo e in ogni luogo i suoi legittimi diritti. Ricordiamo a tal proposito che i servizi segreti israeliani diedero la caccia ai responsabili del raid del 5 settembre 1972 nel Villaggio Olimpico di Monaco dove l’organizzazione armata palestinese “Settembre Nero” fece irruzione e uccise 11 membri della squadra olimpica israeliana. Il Mossad sguinzagliò i propri agenti nelle principali città europee e del Medio Oriente e uccise, uno per uno, tutti i responsabili di quell’attacco terroristico. Questi omicidi mirati sono devastanti per i leader della Repubblica Islamica, per la propria sicurezza personale e dimostra che nemmeno l’imam Ali Khamenei può sentirsi al sicuro nel letto del suo palazzo, così come Esmail Qaani, il comandante delle Forze Qods del Corpo dei guardiani della rivoluzione finito da tempo nel mirino del Mossad e del Pentagono e per questo è costretto a camuffarsi nelle sue uscite pubbliche indossando un hijab per coprirsi il volto.

La lotta per la terra

Le Forze Qods operano a sostegno dei proxi iraniani e sono presenti in almeno quattro paesi del medioriente dove coordinano e addestrano Hezbollah, Hamas, Jihad islamica e Houthi nello Yemen. I funzionari iraniani sono completamente sotto shock per l’assassinio di Haniyeh, perché ciò infligge anche un duro colpo alla reputazione dell’Iran riguardo al proprio sistema di sicurezza proprio in un momento in cui il regime intende proiettare il suo potere nella regione. È davvero sorprendente che l’Iran non sia riuscito nemmeno a proteggere il capo dell’ufficio politico di Hamas, che risiedeva nel Palazzo Saadabad, una delle basi dei guardiani della rivoluzione situato nella periferia nord di Tehran. Le ville e le suite del complesso Saadabad sono state spesso utilizzate dai terroristi di Hamas, Hezbollah e Jihad islamica ospiti della Repubblica islamica per pianificare la loro strategia del terrore in tutto il Medio Oriente e in particolare la distruzione di Israele. Ora i mullah e i capi pasdaran di certo non sono tranquilli perché sanno che sono nel mirino: il Mossad è da tempo tra di loro. Per questo il 31 luglio è diventato una data che segna un altro cambiamento in Medio Oriente. Ci si chiede se anche Khamenei sia al sicuro a Tehran.

L’asse del terrore che va dall’Iran al Libano, dall’Iraq alla Siria fino allo Yemen è nel mirino e anche per questo è stato eletto alla presidenza dell’Iran Pezeshkian, presentato da Khamemei come un “moderato” e quindi come una figura rassicurante, che dunque per il regime iraniano deve fungere da parafulmine. Ma per le generazioni più giovani in Iran, la lotta dei palestinesi per la loro terra è percepita semplicemente come un giocattolo retorico con cui la leadership iraniana vuole rafforzare la propria influenza nel mondo musulmano. “No per Gaza [Hamas], no per il Libano [Hezbollah], la mia vita è solo per l’Iran”. È questo un altro slogan che si è udito nelle strade dell’Iran nelle diffuse proteste antiregime dopo la barbara uccisione della giovane curda Jîna, Mahsa Amini. È a partire dal Movimento Verde del 2009 che gli iraniani esprimono più apertamente il loro sgomento e il disappunto per l’élite al potere accusata di destinare una cospicua parte delle risorse del proprio paese per sostenere gruppi islamisti che opprimono il popolo palestinese.

Più recentemente, quando i manifestanti hanno incominciato a esprimere le loro rimostranze economiche, uno dei ritornelli più ricorrenti che risuonavano nelle piazze era: “Abbandona la Palestina; pensa ad una soluzione per noi”. I proxi di Tehran, come Hezbollah libanese, sono visti dalla popolazione come pozzi senza fondo che consumano la ricchezza iraniana e che producono il suo isolamento internazionale. Ritengono che la questione palestinese abbia soppiantato la necessità di provvedere alle loro urgenze economiche. Esiste dunque per la popolazione iraniana una diversa valutazione del conflitto israelo-palestinese che la Repubblica islamica non vuole riconoscere. I media turchi dicono che del corpo di Haniyeh è rimasto ben poco, solo la testa sembra intatta. Per questo la fine di Haniyeh ricorda molto quella del capo delle Forze Qods Qasem Soleimani colpito, il 3 gennaio del 2020 da un missile lanciato da un drone del Pentagono e di cui rimasero solo pochi brandelli di carne; per questo i giovani in Iran che si battono per la liberazione del paese dai mullah lo chiamano “cotoletta”.

Le ultime ore di Haniyeh

Haniyeh poche ore prima della sua morte aveva abbracciato e baciato con grande affetto il presidente iraniano Masoud Pezeshkian e il segretario generale della Jihad islamica Ziyad Nakhaleh. Tutti i gruppi armati terroristici palestinesi erano presenti all’insediamento al suo insediamento. Pezeshkian aveva appena espresso pieno sostegno ad Hamas, alla Jihad islamica e alla causa palestinese precisando che il denaro della nazione iraniana sarebbe continuato ad affluire nelle casse di Hamas, Hezbollah e della Jihad islamica. Ed aveva anche inviato una lettera ad Hassan Nasrallah, leader dell’organizzazione terroristica libanese Hezbollah, nella quale aveva promesso pieno sostegno del suo regime e nello stesso tempo ha rassicurato Putin, proprio mentre bombardava un ospedale pediatrico in Ucraina, che la Repubblica islamica sarebbe stata sempre al fianco di Mosca nella sua guerra di invasione dell’Ucraina.