Il viaggio di Carola Ludovica Farci
L’Eco-Professoressa che pulisce le spiagge d’Europa
Trenta anni fa diverse migliaia di paperelle gialle invasero il Pacifico. Nel gennaio del 1992 la nave-cargo Ever Laurel perse in acqua un container con quasi trentamila (28.800, per l’esattezza) Friendly Floatees, giocattoli di plastica galleggianti a forma – prevalentemente – di anatroccoli. L’incidente, causato da una tempesta, avvenne non lontano dalle coste dell’Alaska, vicino all’isola di Attu, dove la nave passava nel suo tragitto da Hong Kong a Tacoma.
Le oltre settemila paperelle, in compagnia di altrettanti castori, rane e tartarughe, furono ritrovate negli anni a venire in svariate parti del mondo. Il primo rinvenimento avvenne non lontano dal luogo dell’incidente l’anno seguente, nel 1993, ma gli animaletti furono ripescati tempo dopo su entrambe le coste americane, sulle coste ovest del Sudamerica, in Europa, Australia e nelle spiagge delle isole del sud-ovest del Pacifico. L’ultimo ritrovamento risale al 2007, quindici anni dopo l’incidente. I trentamila animaletti destinati alla vasca da bagno finirono direttamente in mare, ma come dice Carola Ludovica Farci – insegnante di Italiano e Storia in un Istituto Alberghiero che si è presa un anno sabbatico per andare a ripulire le spiagge d’Europa – “Prima o poi, tutti i rifiuti finiscono in mare”.
Raggiungo Carola con una chiamata WhatsApp mentre si trova in Turchia, a Selimiye, una piccolissima cittadina dove un tempo passava l’antica Via della Seta. L’Eco Prof, così si chiama sul suo profilo Instagram (@ecoprof.travel), è partita da Cagliari lo scorso 17 ottobre per sbarcare poi a Napoli, proseguire per Bari (“Conto di soffermarmi maggiormente sulle spiagge italiane al ritorno” – spiega) dove si è imbarcata per la Grecia. Peloponneso, Attica, Isole Cicladi e poi a nord da dove è arrivata in Turchia. Da lì, in compagnia della sua cagnolina Polly, è scesa, fermandosi su numerose spiagge, fino a Smirne, per proseguire nella parte Ovest dell’Anatolia e arrivare, proprio nel giorno in cui la sento al telefono, sul Mar di Marmara, ospite della struttura Ipek Yolu, che prende il nome proprio dall’antica strada di commercio che passava da quelle terre.
Come si decide di prendersi un anno sabbatico per andare a pulire le spiagge d’Europa?
“Una mattina mi sono svegliata e mi sono detta: devo andare a ripulire le spiagge. Ho chiamato la Preside dell’Istituto dove insegno ho chiesto un anno di tempo. A Cagliari toglievo i rifiuti dalla spiaggia tutte le mattine, mentre portavo a spasso il cane, prima della campanella d’ingresso a scuola. Nonostante mi concentrassi su questa attività più volte alla settimana e nonostante ci fossero associazioni che come me si cimentavano in questo lavoro continuamente, i rifiuti non diminuivano, il giorno dopo ne trovavi ancora. È così che ho preso questa decisione.”
Hai impiegato molto nel pianificare il viaggio? Cosa ti aspettavi prima della partenza?
“La progettazione del viaggio ha richiesto circa un mese, sono partita a metà ottobre. Ero convinta di essere preparatissima sull’argomento, di avere cognizione del disastro ecologico, ma mi sono dovuta ricredere. Come si dice a Cagliari, ero in su mundu pau (nel mondo dei sogni), la situazione è in realtà molto peggiore di ogni mia più nera aspettativa. Quando sono partita mi chiedevo se in tutto il mio viaggio, in un anno, sarei riuscita a raccogliere una tonnellata di spazzatura. Sono arrivata a 1000 kg in meno di tre mesi. Solo ieri ho raccolto 73 kg di rifiuti e oggi altri 10 kg.”
Dai racconti che fai sui tuoi profili social ho visto immagini incredibili, negli scorsi giorni sembrava che tu stessi pescando della plastica direttamente dall’acqua. Quali rifiuti si trovano maggiormente sulle spiagge?
“Esatto, in due giorni di lavoro su quella piccola spiaggia di circa 200 metri che hai visto nel video ho raccolto 155 kg di spazzatura. Le spiagge più sporche sono quelle esposte a ovest, non so se dipenda dalle maree, sicuramente i golfi, essendo più chiusi, sono particolarmente carichi di rifiuti. Al primo posto in assoluto si trova il polistirolo. Il 14 gennaio è entrata ufficialmente in vigore la Direttiva antiplastica Sup, la legge che vieta l’uso della plastica monouso, non biodegradabile e non compostabile (in Italia, in realtà, questa legge doveva già essere applicata). Questo provvedimento mette al bando anche il polistirolo, ma solo quello per uso alimentare, quello con cui sono composte le cassette del pescato, per intenderci, purtroppo continuerà a essere utilizzato e a inquinare il mare. Ci vogliono centinaia di anni perché la plastica si deteriori, ho raccolto bottiglie che sembravano avere venticinque o trenta anni!”
Dove porti i rifiuti che raccogli?
“Ogni paese ha un suo modo di smaltire i rifiuti. In Italia, dal momento che dove sono stata c’era la raccolta porta a porta, ho chiesto alle persone che mi ospitavano di esporli nei determinati giorni di prelievo. In Grecia ci sono i cassonetti, ma spesso per trovarne uno, soprattutto nel Peloponneso, ho dovuto fare dei chilometri. Ad Arkoudi, dove con l’aiuto di alcune persone del luogo abbiamo recuperato tantissima spazzatura, abbiamo dovuto ammassare i rifiuti per giorni fino a quando, l’ultimo giorno, non abbiamo usato un furgonato per trasportarli all’isola ecologica. Qui in Turchia la raccolta è quasi esclusivamente indifferenziata, è una tragedia. Siamo lontanissimi da un monitoraggio dei rifiuti: destinare quello che raccolgo a un inceneritore senza una prospettiva di riciclo non è il massimo, ma senza dubbio è meglio di tenerli sulle spiagge o in mare, certamente si potrebbe e si dovrebbe fare di più.”
Riesci a riciclare tu stessa parte degli oggetti che raccogli?
“Per i tappi delle bottiglie faccio una raccolta particolare, li tengo con me fino a quando sul mio percorso non riesco a raggiungere associazioni che si occupano del loro riciclo. Su una spiaggia della Turchia, in una sola mattina, ho raccolto 404 tappi di plastica, se si pensa che questi rispondono ad altrettante bottiglie… quello che si trova è una piccola percentuale di quello che c’è. Sto conservando dei rifiuti non rifiuti, cose in buono stato come pupazzi, bicchieri, formine o giocattoli ecc. Non so cosa ne farò, ma vorrei portare avanti il messaggio che le cose si possono riutilizzare. Sto pensando di metterle in vendita a un prezzo simbolico per poi devolvere il ricavato a chi si occupa di pulire le spiagge tutto l’anno.”
Sei partita con il tuo Labrador ma sul tuo percorso hai incontrato molte persone che sono state ispirate dalla tua attività e, ognuna a suo modo, ti hanno aiutato.
“Sì, il mio viaggio è pensato in solitaria, ma se qualcuno ha voglia di raggiungermi e passare qualche giorno insieme mi fa piacere. Per trovare dove pernottare uso un’app in cui offrono lavoro in cambio di vitto e alloggio e spesso le persone che mi ospitano si interessano e mi seguono nella raccolta. Ad Arkoudi, nel Peloponneso, davanti all’Isola di Zante, non sapendo bene dove dormire, ho chiesto al proprietario di un hotel se mi faceva entrare nel loro parcheggio per avere un luogo sicuro dove riposare in auto, il proprietario mi ha detto che stavano cercando una cameriera e così sono rimasta dieci giorni a lavorare lì pernottando come loro ospite. Il proprietario mi ha poi aiutato a ripulire la spiaggia e abbiamo raccolto insieme 300 kg di rifiuti. Ad Andros, una signora d’origine inglese che vive nelle Cicladi ha chiamato i giornali per raccontare quello che stavo facendo, anche questo è stato di grande aiuto perché ha sensibilizzato molte altre persone a prendersi cura della spiaggia. Renzo, un italiano che vive a Corinto, ha scoperto il mio tragitto grazie ai social e mi ha raggiunta in Turchia per fare dei giorni di raccolta insieme. Grazie alla sua partecipazione abbiamo tolto dalla spiaggia oltre 155 kg di spazzatura in soli due giorni: il suo aiuto è stato fondamentale. In Italia, all’inizio del mio viaggio, Marta, una ragazza di Sorrento che controlla la sua produzione di rifiuti cercando di riciclare il 100% degli scarti che produce, mi ha regalato la bilancia con cui quotidianamente peso quello che raccolgo e così prendo coscienza della situazione.”
Nonostante questi anni che stiamo vivendo siano abbastanza complicati, hai deciso di partire per l’Europa anziché rimanere in Italia.
“In molti mi chiedono perché non sono rimasta a fare questa attività in Italia, ma il punto fondamentale è pulire dove c’è bisogno, non vicino casa. In Grecia ho trovavo bottiglie con scritte in arabo, probabilmente provenienti dal Maghreb, il mare non ha confini e prima o poi, attraverso le fognature, con i corsi d’acqua o gli smottamenti, tutti i rifiuti finiscono in mare. Anche il mozzicone di sigaretta che getti a terra in città, anche l’olio che – per scarsa cultura ambientale – viene gettato nel lavandino di casa. Se si vuole parlare di Italia le cose da fare non sono poche, ci sono provvedimenti da prendere in fretta: si parla di ambiente come di una priorità ma non della priorità, ci si dovrebbe occupare di riforme come la Legge Salvamare proposta dall’ex Ministro dell’ambiente Sergio Costa, ancora bloccata. Al momento i pescatori che portano in porto la plastica che recuperano in mare rischiano l’accusa di trasporto illecito di rifiuti (Decreto Ronchi,1997), questo nuovo provvedimento ribalterebbe questo paradosso e aiuterebbe a liberare il mare da molta plastica, contribuendo al risanamento dell’ecosistema marino e alla promozione dell’economia circolare, ma l’iter di questa legge è fermo.”
Dopo Selimiye dove sei diretta?
“Sono appena arrivata a sul Mar di Marmara, per un po’ di giorni rimarrò qui. Dopodiché la a mia idea è quella di risalire e andare in Bulgaria e da lì proseguirò il viaggio, tornerò in Italia per l’estate.”
© Riproduzione riservata