24 giugno fissata la discussione
Legalizzazione della coltivazione domestica di cannabis, cosa prevede il disegno di legge
Il prossimo 24 giugno sarà una data stupefacente. Il Parlamento discuterà un disegno di legge per la legalizzazione della coltivazione domestica della cannabis. Di più. I temi in discussione a giugno nelle aule saranno la legge sul fine vita (già approvata e che attende il voto al Senato), il ddl Zan, la riforma della cittadinanza e, appunto, la legge per legalizzare la cannabis. Viene in mente il vecchio adagio “Gli italiani sono avanti, ben più avanti dei loro legislatori!”. Adagio che spunta fuori ogniqualvolta una mobilitazione a favore di una riforma che si proponga di adeguare le leggi a quel che accade nel paese si ritrova scornata, frenata o bocciata nelle aule parlamentari.
Benché abusato, non è detto che quell’adagio sia falso. Anzi, a guardare il calendario dei lavori estivi di Camera e Senato il sospetto che sia fondato trova una ragione in più di esistere. Infatti sono tutte questioni che hanno visto una partecipazione popolare larghissima, una mobilitazione continua di associazioni e cittadini e una pressione robusta sulle istituzioni perché se ne occupassero. Guardiamo solo al disegno di legge sulla cannabis. La proposta arriva al dibattito in aula dopo che la raccolta di firme per il referendum sulla legalizzazione della sostanza in otto giorni dal lancio aveva raggiunto le 500mila adesioni necessarie. Era il settembre del 2021 ma quella straordinaria mobilitazione s’è arenata contro l’esame della Corte Costituzionale, che a febbraio di quest’anno ha bocciato il quesito referendario. Rimane così solo l’iter legislativo.
Ora immaginate una situazione del genere. Uno va in banca per rubare una somma notevole allo scopo di rimpinguarsi le finanze, e la ruba dal proprio conto corrente. Oppure uno torna a casa con l’intenzione di commettere adulterio, ma fa l’amore con sua moglie. Paradossi simili sembrano non avere alcuno spazio nel mondo dei cittadini ligi alle leggi e al buon senso, e dalle leggi e dal buon senso tutelati. Ma non è così quando si tratta di cannabis. In Italia, infatti, consumare cannabis non costituisce reato, eppure se si coltiva la pianta si viene sanzionati. Si può fumare quel che non si può coltivare, consumare legalmente quel che si può comprare solo illegalmente. Caso ben strano, e che si infittisce se si ricorda che esiste una sentenza delle Sezioni unite penali della Cassazione, del dicembre 2019, che statuisce che chi coltiva la cannabis in ambito domestico e per impiego individuale non è perseguibile penalmente.
Insomma, il massimo consesso della più alta corte del paese afferma il principio secondo cui la coltivazione domestica della cannabis non costituisce reato. Ma la legge che regola la materia – il Testo unico in materia di disciplina degli stupefacenti – è precedente a quel pronunciamento e dal 1990, anno della sua adozione, non è mai stata modificata. Con il risultato che ogni cittadino italiano (o quasi) che oggi viene trovato in possesso di pochi grammi di cannabis subisce il sequestro della sostanza, l’apertura di un fascicolo a suo carico e una sanzione amministrativa. Ma cosa si propone il disegno di legge che sarà discusso il 24 giugno? Tre punti fondamentali.
Il primo riguarda la depenalizzazione totale della coltivazione di cannabis per uso personale entro un numero di 4 piante, che renderebbe giustizia a quel pronunciamento della Cassazione prima citato. Il secondo prevede la modifica di quelle sanzioni amministrative oggi comminate a chi viene trovato in possesso di una quantità di cannabis che è riconosciuta essere per uso personale, e quindi non ha rilievo penale, ma comunque conduce al ritiro della patente e del passaporto. Sanzioni afflittive e strampalate, dal momento che sono applicate non a chi stia guidando sotto l’effetto di sostanze, ma a chi magari è a passeggio con il cane in un parco pubblico, ha in tasca un grammo di cannabis e lo scontro più letale che può causare è con il guinzaglio di qualche altro amico a quattro zampe. Il terzo e ultimo punto toccato dal disegno di legge prevede la distinzione tra diverse tipologie di sostanze stupefacenti e la riduzione delle pene per i reati di lieve entità.
Sebbene si faccia un gran parlare dell’inopportunità della reclusione in carcere per questo tipo di infrazioni, i numeri forniti dal Servizio Centrale Antidroga del Ministero dell’Interno dicono che in 7 casi su 10 in Italia si va in carcere proprio per reati di lieve entità. Con tutte le conseguenze che questo ha sul sovraffollamento carcerario e in particolare sul fenomeno delle cosiddette porte girevoli, cioè dei brevi ingressi in carcere che hanno un impatto pesante sul sistema penitenziario ma anche sulle biografie di chi, gira e gira, in carcere ci finisce sempre.
Questa proposta di legge, di cui il primo firmatario è Riccardo Magi (deputato di Più Europa), è stata presentata alla fine del 2019. La sua storia travagliata l’ha fatta abbinare nel corso del 2020 ad altri disegni di legge, a firma Molinari (Lega) e Licatini (Movimento 5 Stelle), per poter procedere nell’esame in Commissione Giustizia. Per tutto il 2021 c’è stato un lunghissimo ciclo di audizioni di tutti i massimi esperti in materia e finalmente, a settembre del 2021, c’è stata l’adozione del testo base. Poi il deposito degli emendamenti, che adesso si stanno votando in Commissione. L’iscrizione al calendario dell’aula parlamentare è stabilito in quel 24 giugno già menzionato. Tutto questo andrà in fumo ancora una volta?
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