L'intervento
Legge sull’omotransfobia, la destra voti a favore: lo fece il conservatore Gorsuch e lo dice anche il Papa

Vi parlerò anzitutto di tre persone. Inizio con la prima. Sapete chi è Neil Gorsuch? È un giudice della Corte Suprema americana. È stato nominato dal Presidente Trump. Contro la sua nomina i Democratici fecero l’ostruzionismo in Senato. Per stroncare l’ostruzionismo fu necessario ricorrere ad una tecnica chiamata “nuclear option”, analoga alla nostra ghigliottina. Gorsuch è un cattolico fortemente conservatore, chiaramente di destra, la cui madre era deputata repubblicana amica di Ronald Reagan. Gorsuch il 15 giugno ha firmato la sentenza della Corte Suprema Bostock v. Clayton County, Georgia, con la quale estendendo il Civil Rights Act del 1964 si stabilisce a livello federale che nessun lavoratore può essere licenziato perché omosessuale o transgender.
Scrive Gorsuch: «Estendere l’applicazione di leggi antidiscriminatorie a gruppi politicamente impopolari al tempo dell’approvazione di quelle leggi può spesso sembrare inaspettato. Ma rifiutare l’applicazione di quelle leggi in ragione dell’impopolarità di un gruppo al momento della loro approvazione non implicherebbe soltanto l’abbandono del nostro ruolo di interpreti: sbilancerebbe i principi di giustizia a favore dei soggetti più forti e popolari, negando in radice la promessa di eguaglianza racchiusa nell’eguale applicazione delle leggi». La seconda persona la conoscete, è papa Francesco. Ci ha ricordato ieri Alberto Bobbio su l’Eco di Bergamo, quotidiano di ispirazione cattolica, il significato profondo dell’ultimo documento ecclesiale che tratta di questi temi, l’Amoris Laetitia, esortazione sottoscritta dal papa, al paragrafo 250:
«Desideriamo anzitutto ribadire che ogni persona, indipendentemente dal proprio orientamento sessuale, va rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto, con la cura di evitare ogni marchio di ingiusta discriminazione e particolarmente ogni forma di aggressione e violenza».
Certo, ci sono persone di destra, e anche non di destra, che non condividono Gorsuch. Ci sono persone nelle Chiese che non condividono quanto detto da papa Francesco. Nessuno le vuole criminalizzare per il fatto di esprimere opinioni.
La battaglia contro le discriminazioni è anzitutto un impegno serio nella lotta tra idee in cui nessuno vuole che l’impegno per l’attuazione dell’articolo 3 travolga le libertà garantite per tutti dall’articolo 21. Eppure anche il teorico disposto a valorizzare al massimo le garanzie dell’articolo 21 deve porsi il problema dell’argomento della terza persona di cui vorrei parlare, un altro giudice americano, Oliver Wendell Holmes, utilizzata nella sentenza Schenk versus United States del lontano 1919: «La protezione più rigorosa della libertà di parola non proteggerebbe un uomo che gridasse falsamente al fuoco in un teatro causando un panico». Qui è infatti il confine, dove l’opinione legittima un pericolo chiaro e presente per la violenza.
È già così nella giurisprudenza costituzionale e così sarebbe interpretato dai giudici. Da dove nasce allora la preoccupazione sfociata nell’emendamento dei colleghi di Forza Italia e che sia il Comitato per la Legislazione sia la Prima Commissione chiedono, se possibile, di rafforzare? Non dal timore delle sentenze, ma dal timore di forme improprie di azione penale da evitare a priori. I pareri non chiedono quindi di abbattere la legge, ma di renderla più forte perché più condivisa. E noi speriamo che tante persone di destra, di centrodestra come Gorsuch ci siano in quest’Aula e ci aiutino a migliorarla e votarla. Vorrei quindi replicare alla collega Calabria: so bene che l’articolo 3 è stato voluto in larga parte dai colleghi Costa e Bartolozzi di Forza Italia. Il problema è, che a differenza della collega Calabria, Costa e Bartolozzi non sono contrari alla legge. Sono più dalla parte di Gorsuch e dalla sua lotta alle discriminazioni, che non da quella di chi le difende.
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