L’intervista a Paolo Grimoldi, militante storico del Carroccio
Leghisti contro Salvini: “La gente ci ride dietro, cambiamo idea dalla mattina alla sera”. Tagliato l’accompagnamento a Bossi
“Ultima chiamata a Matteo, la Lega alle Europee rischia la definitiva Caporetto. Da oltre un anno cerchiamo il confronto con il segretario, che però ha smesso di rispondere”
“Il mese di aprile è l’ultima occasione per fare un congresso che non è solo l’occasione per eleggere un segretario ma è soprattutto l’assise dove si decide la linea politica. È chiaro che la ‘Salvini premier’ non ha una linea politica e se arriviamo così alle Europee sarà la nostra definitiva Caporetto”. Paolo Grimoldi è un militante storico della Lega, è stato in Parlamento dal 2006 al 2022 ed è stato segretario della Lega lombarda dal 2015 al 2021. Con Cristian Invernizzi, un altro decano del Parlamento e motore del partito a Bergamo, sono gli ideatori della lettera a Matteo Salvini in cui lo accusano di dilapidare il patrimonio di consenso e il dna politico della Lega.
Grimoldi, finalmente siete usciti dai mal di pancia anonimi e ci avete messo la faccia.
«È da più di un anno che cerchiano il confronto con il segretario. Che però ha smesso di rispondere e abbiamo scoperto che passa le serate a giocare a burraco. Anche con la premier (risata di sarcasmo, ndr)».
La Lega Salvini premier è senza linea politica?
«Ci pare il modo più gentile per definire un partito che voleva superare la legge Fornero e migliorare la sanità pubblica, adesso non ne parla più ma mette 14 miliardi su un ponte che unirà due regioni che l’estate sono senza acqua e non hanno strade né treni. Regioni dove forse necessario fare prima altri tipi di interventi. Un partito che voleva abolire le accise sulla benzina, il canone Rai, che non voleva il bis di Mattarella, che non voleva il terzo mandato… posso continuare, la lista delle nostre contraddizioni è lunghissima. I militanti sono disorientati. Sa quanti gazebo per fare militanza e volantinaggio c’erano lo scorso fine settimana a Como? Sette. L’anno scorso erano 65».
I punti più gravi di dissenso denunciati nella lettera?
«Il nostro isolamento politico, siamo residuali e l’unica prospettiva è non contare nulla. Tutti, almeno nel centrodestra, sono contrari alla farina di insetti e all’esclusività delle auto elettriche. E però, Forza Italia è nel Ppe e sarà nella stanza dei bottoni. Fratelli d’Italia è nei Conservatori e vedrete che anche loro saranno nella stanza dei bottoni. E noi? Marginali. Se lo stiamo stati in questi cinque anni con il 34%, figuriamoci cosa succederà con il 7 o il 9%».
Cosa proponete?
«Guadare ai movimenti federalisti ed autonomisti ma poi bisogna essere pragmatici ed allearci con chi vuole meno burocrazia, meno tasse, più partite Iva e meno Stato. Se restiamo con Id siamo residuali. Bisogna dialogare con Ppe e Conservatori. Altro che svastiche e fasci, noi siamo antifascisti nel dna».
Come definisce il gruppo dei 21 firmatari?
«La storia della Lega, il territorio, i voti, il consenso. Persone che hanno ruoli, non abbiamo fatto circolare la lettera tra i militanti».
Cosa sarebbe successo?
«Avremmo avuto migliaia di firme. È stata una scelta. La lettera è una garbata ma decisa ultima chiamata a Salvini per chiarire quale è la nostra proposta politica. Non possiamo essere alleati con l’Udc in Italia e Afd in Europa. Non possiamo candidare Patriciello in Molise quando poi lo stesso Patriciello è in alleanza con il centrosinistra in Campania. La gente ci ride dietro. Cambiamo idea dalla mattina alla sera. Su Vannacci inquisito dalla magistratura militare diciamo che è un complotto comunista. Sul povero Navalny aspettiamo però la magistratura russa e però la sera andiamo alla manifestazione in memoria».
Tra i firmatari mancano i parlamentari in carica. Tra cui si registra da almeno un anno un forte malumore.
«Non l’abbiamo neppure chiesto per non metterli in difficoltà. Sarebbe scattata subito la lista di proscrizione».
Lei è in grado di misurare il dissenso verso il segretario?
«Ho fatto una rubrica sui miei social, si chiama “Uno al giorno”. È la contabilità di quelli che se ne stanno andando. Lasciano la ‘Salvini premier’. Negli ultimi 15 giorni abbiamo perso 4 consiglieri regionali, in Piemonte, in Toscana, in Liguria e nel Lazio. Di fronte a questo problema, al vertice si fanno spallucce».
Mentre parlo con lei, in aula ci sono le dichiarazioni di voto sulla mozione di sfiducia a Salvini. Un voto blindato dalla maggioranza. Cosa ne pensa del patto politico con Russia Unita?
«Prima della guerra in generale in Italia tutti abbiamo guardato alla Russia come un possibile partner. Il giorno dopo l’invasione dell’Ucraina bisognava avere il coraggio di condannare e prendere le distanze. Non l’abbiano fatto. Un errore politico gravissimo».
Il progetto della Lega nazionale è fallito? E, se sì, può essere Salvini che lo ha immaginato a fare marcia indietro?
«La Lega può avere l’ambizione a presentarsi su tutto il territorio nazionale perché meritocrazia e buona amministrazione riguardano anche il sud. Il problema è che la Salvini premier si è messa a fare al sud lo stesso assistenzialismo che fanno gli altri partiti. Il ponte sullo Stretto è un progetto statalista e assistenzialista mentre per la Pedemontana in Lombardia ci sono anche soldi privati».
Salvini, anche poche ore fa, ha detto che “nessuno si è mai fatto avanti per fare il segretario” e che ha “ancora tanto da dare e da fare”.
«Salvini non vuole fare autocritica. In Lombardia vieta il congresso da nove anni. Le alternative ci sono, Zaia, Fedriga e anche altri. In un partito serio esiste la leadership e anche la premiership. Le assicuro che abbiamo entrambe queste tipologie di personalità. Se le due figure non coincidono, è meglio».
Zaia sta dicendo di non aver letto la lettera, che lui non si occupa di Vannacci perché “è un problema di Salvini” e che non pensa né a fare il segretario della Lega né a candidarsi alle Europee.
«In questo momento non può dire nulla di diverso. Ne riparliamo dopo le Europee, allora saremo obbligati a reagire».
Proposte per le Europee?
«Cambiare simbolo, togliere Salvini dal nome. I sondaggi dicono che la Lega è l’unico partito che perde se tiene il nome del suo leader nel simbolo, dall’8 al 6%».
Salvini ha fissato l’asticella al 9%.
«È sempre più bassa questa asticella. Nel 2009, con Bossi già malato, prendemmo il 10,2%. Allora c’era un progetto politico oltre il leader».
La legge sull’autonomia differenziata è così fondamentale?
«Si, ma quella in discussione si realizzerà in dieci anni. Campa cavallo…».
Bossi, come sta?
«L’ho visto anche dieci giorni fa. Parliamo molto».
Ma Bossi non mette più piede in Parlamento: il partito ha tagliato l’accompagnamento.
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