A Torino
Leila Khaled e la lezione universitaria di terrorismo
Era inevitabile. La saldatura tra terzomondismo della sinistra radicale, teorie critiche variamente intersezionali, islamismo radicale e celebrazione del terrorismo fluttuava già nell’aria, ed ora l’esplosione di violenza in Israele e la seguente reazione israeliana hanno fatto scoperchiare il calderone mefitico dentro cui gorgogliava e bolliva la zuppa avvelenata.
E mentre dagli Stati Uniti arriva la notizia, sconcertante ma nemmeno questa troppo sorprendente, di migliaia di giovani che reputano sensata e quasi condivisibile la lettera che Osama bin Laden, avete letto bene sì, scrisse per giustificare la carneficina dell’11 settembre e interpretata ormai come una decostruzione analitica e anti-coloniale della malvagità d’occidente, il mondo degli attivisti dei collettivi italiani che vanno occupando le Università in solidarietà con la Palestina, leggasi per odio di Israele, alza egualmente il tiro.
Alle ore 20 del 16 novembre, clou dell’occupazione dell’Università di Torino, a Palazzo Nuovo, è stata la conferenza, tenuta da remoto, di Leila Khaled, presentata a caratteri cubitali sul vistoso manifesto di presentazione dell’evento come ‘militante storica della resistenza palestinese’, ma in realtà ex terrorista già aderente al Fronte Popolare di Liberazione della Palestina, organizzazione palestinese di estrema sinistra che sembra, di questi tempi, la perfetta rappresentazione storico-simbolica di questa corresponsione d’amorosi sensi tra legittimazione della violenza come esercizio di decolonizzazione e confusione mentale.
La Khaled, tanto per dare idea compiuta del personaggio, si è connessa da remoto perché non può entrare in Italia, essendo stata inserita nella lista nera antiterrorismo e già respinta alla frontiera italiana nel 2017, per le sue passate prodezze di partecipante a dirottamenti di aerei.
L’Università come palestra teorica di terrorismo. Auguri.
© Riproduzione riservata