Cultura
Lello Arena ricorda Troisi: “Tutti lo celebrano ma a Massimo hanno sbattuto tante porte in faccia”
Lello Arena non ci voleva neanche andare a San Giorgio a Cremano: aveva 12 anni quando i genitori decisero per il trasferimento, da Napoli a quel comune di provincia dove, non lo sapeva, ma gli sarebbe cambiata la vita. Dove avrebbe incontrato Massimo Troisi, di cui oggi si celebra il 70esimo compleanno post-mortem. “Lui è la mia spinta, la mia intransigenza: mi ha insegnato cose fondamentali che agiscono dentro di me. È difficile pensarlo come ‘non esistente’. Spesso mi sforzo di immaginare cosa avrebbe fatto in certe situazioni … In questi giorni di festa spesso abbiamo dovuto fronteggiare ipotesi di cose ‘fatte male’ e lui non le avrebbe mai consentite. Massimo ci ha cambiato il dna, non siamo uguali a chi non lo ha mai incontrato”, ha raccontato in un’intervista a Il Corriere del Mezzogiorno.
Arena e Troisi hanno fondato gli Rh-Negativo, I saraceni e infine La Smorfia con Enzo Decaro. Arena era nato dall’unione di due impiegati della manifattura tabacchi. Ha studiato al magistrale. Ha cominciato a insegnare da maestro itinerante in un circo. Sul set del film Le vie del Signore sono finite la rottura, per incomprensioni, anche se ricucita con il tempo comunque dolorosa. “Non ho rimorsi ma rimpianti: il rimorso è qualcosa che insorge quando hai fatto del male volontario a una persona e non puoi più far nulla per riparare. I rimpianti ci accompagnano per tutta la vita: ci sono cose che non farei, ma nel bilancio vengo confortato da tutte le cose belle che siamo riusciti a fare insieme. Quello che cambierei è poca cosa rispetto a ciò che non cambierei mai per tutta la mia vita. Il problema è che Massimo non ci sta più: se ci fosse ancora, prenderei il telefono e potrei fare di meglio di quello che ho fatto. Ma lui non c’è e la sua assenza cristallizza le cose fatte e quelle che si potevano fare in maniera diversa. In conclusione: rimpianti tantissimi, rimorsi zero e cose belle a migliaia. E questo mi rende contento”.
Ricorda che quel 4 giugno del 1994, quando Troisi morì, lui era al Villaggio Olimpico per il saggio di ginnastica artistica della figlia. Per Arena, Troisi “era una speranza per tutti quelli come noi che ci siamo sempre sentiti fuori posto, incapaci, a disagio, fuori gioco perché non capivamo come funzionava il meccanismo del mondo dello spettacolo. Il messaggio che arrivò era: non dovete preoccuparvi di sentirvi ‘fuori luogo’, cercate piuttosto di capire che cosa siete veramente: il resto devono farlo gli altri, non dovete vendergli voi la merce. E questo messaggio fu passato con una cifra unica. Massimo poteva dire quello che voleva senza sembrare blasfemo”.
Non lascia passare Arena, in mezzo a tutte le celebrazioni, l’occasione per togliersi qualche sassolino dalla scarpa. “Me le ricordo le porte in faccia, Massimo ne ha prese tantissime. Oggi è tutto un celebrare la sua genialità … ma all’inizio non lo hanno capito. Ricordo perfettamente i commenti da parte della cosiddetta classe dirigente del mondo dello spettacolo: ‘Ma chi è questo Troisi, ma che dice? Non si capisce una parola, che vuole fare? Dove vi avviate?’“.
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