«Siamo quelli del 2 per cento, hai visto…». La coda per la Leopolda numero 11 si forma alle quattro del pomeriggio e si allunga lungo un ordinato serpentone che costeggia il parco e poi entra nel cortile del Teatro del Maggio. E poi ancora già fino in fondo, tutto il piazzale. Si contano 3-4 mila persone in arrivo da tutta Italia, Matera, Parma, Palermo, Brescia, Napoli, Bari e di tutte le età. Un popolo trasversale. Voci dalla coda paziente e sorridente: «Al Pd che fa di tutto per raccontare che andiamo a destra, stiano pure sereni: noi al massimo andiamo al centro»; «noi non si vuole andare a votare, il Pd invece vuole farlo per non darci il tempo di fare Renew Italia... sono ossessionati da noi». Gira voce, sempre qui in coda, che qualche relatore, qualche big, non sia venuto perché «il Nazareno non avrebbe gradito».

Mah, chissà. E se la situazione precipita? «Beh se Draghi va al Quirinale molto probabilmente andremo a votare, vorrà dire che saremo pronti anche noi». «Noi siamo pronti» precisano due ragazzi, «facciamo quello che si deve».
I cancelli vengono aperti mezz’ora prima del previsto per far defluire la coda: la serata è gentile ma è pur sempre novembre e siamo pur sempre in riva d’Arno. Ettore Rosato, il vicepresidente della Camera va su e giù per la coda, saluti, ringraziamenti, ben arrivati: «È incredibile, siamo così piccoli e così attrattivi». Ma i sondaggi vi tengono lì, tra il 2 e il 3… «E non non ci crediamo» sorride una signora di Parma. Ci sono molti ragazzi, ce ne sono sempre stati tanti negli anni nelle varie Leopolde, sono cresciuti qua e ci tornano ogni anno. Arriva il deputato Mauro del Barba a passo svelto: «Adesso apriamo anche il primo settore per far entrare almeno tutti i registrati, mi raccomando però: i tavoli sono già allestiti per domani (stamani, dedicata ai tavoli tematici), vi chiediamo la cortesia di non spostare le sedie che sono distanziate per sicurezza e di non modificare l’allestimento». Per gli altri, per chi non dovesse entrare, sono pronti due gazebo con maxischermo. L’eurodeputato Nicola Danti osserva: «E meno male che si dovevano fare telefonate per fare i butta dentro». In effetti qui ci sarà da fare i buttafuori. Con annesse polemiche sui conti sbagliati e gli spazi inadeguati.

Le feste di partito sono sempre il momento massimo dell’identità, dell’orgoglio e dell’appartenenza. Se non ora quando, insomma. Dunque non ci si deve stupire. E però ogni volta la Leopolda riesce a farlo: il partito del 2%, quello che analisti politici (qualcuno) e talkshow (la maggioranza) danno ogni settimana sempre più prossimo alla consunzione, mobilita e appassiona, richiama e pretende. Le stazioni sono luoghi di partenze e arrivi, di persone e idee, mescolanze e sintesi. Matteo Renzi ha sempre inteso così la politica: dinamica, attiva, che guarda avanti e mai indietro. I fasti non ci sono più, tanti amici sono stati persi per strada, delusioni tante, soddisfazioni – a ben vedere altrettante. Una su tutte il capolavoro del governo Draghi. Alla Leopolda 11 il tema è la ripartenza, la vecchia stazione dei treni del Granduca Leopoldo è diventata nell’occasione una stazione radio, Radio Leopolda (tutti i lavori saranno disponibili nelle dirette streaming). «Questa nuova forma di comunicazione potrebbe avere qualche utilità» scriveva Guglielmo Marconi quando la inventò. Il cartello saluta il popolo della Leopolda. «La tv dà a tutti un’immagine ma la radio porta in vita milioni di immagini in milioni di menti» è la citazione di Peggu Noonan, cartello accanto.

Saranno tre giorni di radiocronache, decine di relatori, i giovani della Scuola politica, il presidente del Coni Giovanni Malagò che viene a raccontare un’estate di successi sportivi, il professore Sabino Cassese ed ex giudice costituzionale, l’avvocatessa esperta di diritto di famiglia Bernardini de Pace, l’astronauta Luca Parmitano, il professor Burioni che farà il punto sulla pandemia e sui vaccini, il sindaco di Milano Beppe Sala. L’imprenditore Tonino Gozzi spiegherà cosa vuol dire la “condivisione degli utili con i lavoratori”. Giorni anche di ripassi di cosa è successo nel periodo in cui questo popolo non è stato collegato causa pandemia (Leopolda 10 fu un evento per pochi). È una stazione molto diversa da quelle passate. Forse meno ricca. Open non c’è più. Chiusa dall’inchiesta due anni fa. «Ovviamente – spiega Renzi – abbiamo dovuto organizzare la manifestazione come partito, adesso, per evitare che vi fossero ulteriori contestazioni penali o, peggio ancora, l’accusa di voler reiterare il reato. Reato che ovviamente non esiste, se non nella fervida mente fantasiosa di qualche magistrato. Quindi, quest’anno la Leopolda avrà l’organizzazione curata da Italia Viva». E però forse più bella: le due navate sono nude, in pietra e del tutto visibili, da una parte il palco e duemila seggiole distanziate, dall’altra i 40 tavoli tematici già allestiti ciascuno tiene 18 posti a sedere.

Se Renzi intende la politica come ripartenza, quale sarà la destinazione di Italia Viva è la domanda a cui Renzi risponderà domenica nel discorso conclusivo. Si tratta, in questa vigilia, di cogliere i vari indizi. «Facciamo Renew Italia, saremo al centro e saremo decisivi» dicono gli ospiti in attesa che alle 21 la stazione radio dia il via alle trasmissioni. Renzi è convinto che «Pd, Fratelli d’Italia, Lega e Conte vogliano andare a votare subito dopo l’elezione del Presidente della Repubblica. Ecco perché indicano Mario Draghi». Non è questo il progetto di Italia viva che invece vorrebbe dare la priorità al Pnrr e alla ripartenza del paese dopo la pandemia. «Detto questo – ha detto Renzi – noi dobbiamo essere pronti. Io sono già in modalità da combattimento come si vedrà alla Leopolda». Pronto per fare cosa è la domanda di tutti. «Mi schiero con gli europeisti, sia se salta tutto sia se si vota nel 2023 – ha detto in un’intervista – Se il Pd conferma il matrimonio con Conte e Di Maio e la destra continua ad avere una trazione sovranista sulla linea Salvini/Meloni è del tutto evidente che c’è uno spazio, una prateria per chi sta dentro l’area Renew europe». Renew Italia, è questa la nuova destinazione. Anche senza cambiare legge elettorale.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.