Edoardo Sylos Labini – attore, autore, regista, produttore teatrale – è uno dei più attivi animatori culturali della destra. Un precursore. Forse anche un incursore. Tanto che si definisce «dannunziano», quando gli si chiede di quale destra sia. E appena impugna l’elsa, difende a spada tratta l’operato del ministro Sangiuliano, racconta il lavoro di «riequilibrio, dopo decenni di amichettismo» e ci aiuta a capire meglio chi sono gli intellettuali della destra di oggi. E perché trova strumentali le polemiche sul ‘caso Boccia’.

Due anni di governo Meloni hanno inciso anche sulle politiche culturali?
«Stanno iniziando a incidere. Ma quello che si è sedimentato nei decenni, e che alla fine si è incrostato, non si cambia facilmente. Perché qui abbiamo a che fare con un «sistema cultura», non troppo diverso da quel «sistema» di cui ha scritto Palamara. E che, a proposito, sto portando io nei teatri di tutta Italia».

Cosa cambia tra un ministro della cultura di destra e uno di sinistra?
«I politici di sinistra privilegiano i loro intellettuali. Il loro cinema, i loro scrittori, i loro registi. Anzi, fanno lavorare quasi esclusivamente loro. I politici di destra fanno lavorare tutti. Non hanno le nomenclature che ha la sinistra, ma neanche quei paraocchi. Siamo più curiosi e quindi più aperti al nuovo, all’insolito».

Gli intellettuali di destra protesteranno…
«Qualcuno protesta perché dice che noi al governo non esercitiamo lo spoil system che esercita la sinistra. Forse perché non viviamo la politica come occupazione permanente di spazi, come esercizio di potere per il potere».

Destra, sinistra… E Sangiuliano, è il ministro che incarna la destra?
«Gennaro Sangiuliano è un bravo ministro, sta mettendo mano alle cose, intaccando equilibri di potere profondi e questo molti non glielo perdonano. Vedo che ogni due settimane è al centro di una nuova polemica. Tutte strumentali e gratuite».

Questa della Boccia sembra aver indispettito anche la premier Meloni.
«Non l’ho seguita nemmeno, le vicende di gossip non mi interessano. Il ministro ha preso in mano un mondo, quello della cultura, che era considerato ‘Cosa loro’, appannaggio irrevocabile della sinistra. La nomina di Angelo Crespi a Brera è un grande segnale. Come Alessandro Giuli al Maxxi. Le cose concrete le sta facendo, lo attaccano sempre su vicende di colore. Segno che dà fastidio a più di qualcuno».

Si è messo contro quello che Fulvio Abbate chiama l’amichettismo?
«Sì. E guardate che l’amichettismo c’è ancora, è ancora forte. E c’è molto nepotismo. Rapporti di potere che cambiare è durissimo e certamente non immediato».

Non è che l’amichettismo di sinistra viene combattuto con l’amichettismo di destra?
«No. Ma non ci si deve indignare se nelle posizioni apicali viene messo qualcuno di destra, perché è il gioco delle parti, è la democrazia».

Ci sono anime diverse, a destra. Anche fratture tra intellettuali?
«Ci sono figure di intellettuali diverse. Chi è più liberale, più conservatore… C’è Giordano Bruno Guerri che è un dannunziano come me. C’è Angelo Crespi. Pierangelo Buttafuoco alla Biennale di Venezia. Giuli al Maxxi. Sono tutti intellettuali di destra con i quali avevo iniziato a fare rete, per primo, anni fa. Cercando di mettere insieme e tenere unità una comunità di amanti dell’arte, dello spettacolo e della cultura in senso pieno».

Lei ha fatto politica, con Forza Italia e poi con Fratelli d’Italia?
«Silvio Berlusconi mi aveva nominato responsabile culturale degli azzurri, per un anno. Ma io sono un artista, ho la mia fondazione e giro l’Italia per raccontare la mia visione della vita. Ho una passione per la politica ma metto l’arte sempre al primo posto».

Accetterebbe un incarico di governo, se servisse un ministro della cultura?
«Giorgia Meloni ha tutta la mia stima ma non lo so. Io promuovo la cultura italiana ogni giorno, porto le persone nei teatri per parlare di idee e di valori. È politica anche questa, in fondo».

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.