I fuori ruolo prestati alla politica
L’esercito dei magistrati in marcia verso i ministeri: le correnti più forti della separazione dei poteri
Trovatemi un altro Paese al mondo dove, al costituirsi di ogni nuovo governo, di destra, centro o sinistra che sia, un paio di centinaia di magistrati vengono sottratti alla loro funzione, messi fuori ruolo e distaccati presso vari ministeri. Una buona metà, manco a dirlo, presso il Ministero di Giustizia, nei ruoli semplicemente apicali, dove si decide e concretamente si realizza la politica della giustizia del nostro Paese. Ovviamente, quei magistrati fuori ruolo proverranno in assoluta prevalenza da correnti vicine, o se volete meno ostili, al Governo di volta in volta in carica.
La regola vitale del sistema democratico è quella della separazione dei poteri, che questa prassi letteralmente sovverte. Ovviamente, la risposta a questa obiezione è che quei magistrati sarebbero chiamati per assicurare al Governo null’altro che il bene prezioso della propria esperienza professionale. Un contributo tecnico, si dice, non politico: il Governo ed il Ministro prendono le decisioni, loro ottimizzano ed eseguono. Chissà come mai, tuttavia, il bagaglio esperienziale e tecnico di accademici, avvocati e funzionari amministrativi di carriera, interessa molto di meno. E chissà come mai, in una situazione di gravissima carenza degli organici della magistratura, che rallenta e spesso paralizza il normale andamento della vita giudiziaria, a nessuno venga in mente quanto sia insensato – di- rei irresponsabile – sottrarne ben duecento dai ruoli, per realizzare una operazione semplicemente inconcepibile in qualsiasialtro Paese civile.
La verità è invece chiarissima. Il peso di questo esercito di magistrati in via Arenula è schiettamente politico, non fosse altro perché le soluzioni tecniche ad una idea di riforma sono da sole in grado – come decenni di esperienza ci hanno insegnato – di riscriverne radicalmente il senso e la portata rispetto alle intenzioni originarie.
La notizia di queste ore, che nessuno ha ancora smentito, è che anzi sarebbe pronto un emendamento governativo a non so quale disegno di legge per implementare di altre dieci unità quell’esercito di fuori ruolo. Una decisione che si aggiunge a quella, già assunta, di proroga del varo dei decreti attuativi della riforma Cartabia dell’ordinamento giudiziario. Che prevedeva, indovinate un po’, proprio la diminuzione del numero dei fuori ruolo, e soprattutto una serie di disincentivi di carriera per chi scelga di esserlo (oggi, al contrario, è la più appetita rampa di lancio).
E aggiungo: se e quando finalmente si lavorerà a quei decreti attuativi, chi li scriverà secondo voi? La politica o la magistratura (pardòn, i tecnici)? Si accettano scommesse. E già che sono in vena di domande, ve ne faccio un’altra: che ne sta per fare, o forse ha già fatto, la riforma annunciata dal nuovo Governo come epocale ed irrinunciabile, anzi qualificante ed identitaria, cioè quella della separazione delle carriere tra Pm e Giudici? È vero che il Ministro Nordio ha formalmente annunciato un disegno di legge governativo più o meno imminente: vedremo. Ma intanto questo annuncio ha già paralizzato il percorso parlamentare delle proposte di legge attualmente in Commissione Affari Costituzionali, mentre non risulta ancora smentita la notizia di una riflessione della Presidente Meloni filtrata in questi giorni: nel quadro delle riforme costituzionali che il Governo intende mettere in cantiere (presidenzialismo, semipresidenzialismo etc), quella della separazione delle carriere costituirebbe “un intralcio” che sarebbe più prudente evitare.
Staremo a vedere, ma i segnali di un peso speci co politico addirittura in questi mesi accresciuto della magistratura nella politica della giustizia appaiono sempre più evidenti. Chi ha a cuore i valori liberali del diritto non può girare la testa altrove, né rimanere inerte.
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