La difesa dell'Europa
L’esercito europeo è ancora una chimera, serve un blocco forte ‘Euro-Quad’ per trainare l’Ue
Un tema decisivo è quello relativo alla considerazione di sé che l’Europa deve ritrovare: l’opinione pubblica del Vecchio Continente è infatti pervasa da un senso di colpa ancestrale relativo al nostro passato.

È opinione condivisa che lo scoppio del conflitto ucraino, avvenuto ormai più di un anno e mezzo fa, abbia posto fine al periodo di “Pax Americana” di cui il Vecchio Continente ha goduto a seguito della vittoria degli Alleati nella Seconda guerra mondiale. Tale evenienza ha aperto un ampio dibattito sulla necessità di un futuro comune per la Politica e Difesa Europea che consenta all’Unione di giocare un ruolo di rilevanza nello scenario globale, in un periodo in cui i vecchi schemi stanno sempre più venendo meno. L’Unione Europea si sta mostrando però, sotto questo punto di vista, incapace di effettuare le necessarie azioni e di elaborare delle soluzioni che consentano di mettere in pratica delle politiche efficaci: tutto ciò non è sorprendente.
La difesa e la politica estere sono infatti delle dimensioni proprie unicamente di uno stato perfettamente compiuto, cosa che forse l’Unione Europea potrà essere tra 50 o 100 anni ma che al momento non è; in particolare quando si tratta di costituire un esercito, va considerato che andare in guerra può significare morire, e questo – come dimostra anche la storia recente del conflitto ucraino – lo si fa solo per un forte ideale ed una forte determinazione nel difendere il proprio paese, al momento con tutta onestà sembra improbabile che un olandese voglia sacrificarsi per l’Italia o viceversa.
Appare chiaro che per evitare di rimanere in balia delle potenze esterne si debba pensare a delle soluzioni alternative: a parere di chi scrive una valida alternativa sarebbe quella di costituire un nucleo di paesi forti che prendano in mano le redini della difesa e della politica estera europea. L’esercito europeo è infatti al momento una chimera, mentre un blocco forte di paesi (Francia, Germania, Italia e Spagna) che vadano a costituire una sorta di “Euro-Quad” è un obiettivo sicuramente più alla portata e consentirebbe uno stretto coordinamento degli eserciti di paesi che conservano, comunque, un notevole peso a livello globale, e forse questo è quello a cui pensa il presidente Macron quando parla di “Europa a più velocità”, conscio del fatto che in un tale Club, la Francia occuperebbe un posto privilegiato, essendo l’unica potenza nucleare e l’unico paese europeo che per postura e atteggiamento può paragonarsi alle potenze straniere. Un tale blocco, che rappresenta una quota nettamente maggioritaria dell’economia e delle spese militari dell’Unione Europea, finirebbe nella pratica nell’influenzare in ogni decisione una grossa parte dei restanti paesi, agglomerando a sé a supporto ulteriori forze.
Un altro tema decisivo è quello relativo alla considerazione di sé che l’Europa deve ritrovare: l’opinione pubblica del Vecchio Continente è infatti pervasa da un senso di colpa ancestrale relativo al nostro passato. Non si può negare che la storia dell’Europa sia costellata da luci e ombre (forse più luci); ma prendendo in considerazione unicamente il lasso di tempo che ha caratterizzato l’Unione a partire dalla fine della Seconda guerra mondiale non si può non constatare che il continente si sia affermato, probabilmente, come il luogo del mondo in cui i diritti civili e sociali sono maggiormente sviluppati, tanto che milioni di persone da ogni parte del globo si sono trasferite in Europa alla ricerca di condizioni di vita migliori.
Durante un dibattito per l’elezione a presidente degli Stati Uniti nel 2008, il candidato repubblicano John McCain – ricevendo qualche minuto dopo l’assenso anche del democratico Barack Obama – affermò: “America is the greatest force for good in the history of the world”. L’Europa deve convincersi di essere la seconda.
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