La copertina e le reazioni
L’Espresso sessismo delle donne (verso le donne), la polemica sbagliata sulla Ferragni-pagliaccio
Mi è capitato di vedere la copertina dell’Espresso di questa settimana. C’è Chiara Ferragni con la faccia pittata da pagliaccio, insomma l’influencer in versione Joker. Mi piace? No. Non la trovo accattivante dal punto di vista giornalistico né penso che possa aggiungere un qualche valore all’inchiesta che si trova una volta superata la Ferragni-Joker. Tantomeno mi provoca ilarità. Anzi, credo sia un disvalore, al di là dell’inchiesta e delle notizie che i colleghi hanno raccolto: questo non è un tribunale, io non sono un giudice né l’avvocato della Ferragni. Non mi interessa qui dire se ha ragione lei o l’Antitrust, se è altresì vero che ha truffato oppure no gli italiani che hanno comprato il suo pandoro con lo zucchero a velo rosa. Per questo ci sono le aule di giustizia (almeno è così che dovrebbe essere).
Premessa fatta, trovo di cattivo gusto la copertina del settimanale, gratuitamente volgare, offensiva senza alcun ragionevole motivo. Ricordo una maestra delle elementari che ripeteva in continuazione: “Si ride con, non si ride di”. Ecco, qui secondo me non ha riso proprio nessuno. Quando l’ho vista ho pensato questo e lo avrei pensato pure se con la faccia dipinta da clown ci fosse stato un uomo. Avrei pensato che deridere (e non mi si venga a dire che è satira e che non l’ho capita perché non c’è niente da capire in una foto che non fa ridere e che non ha nulla di ironico) un uomo dipingendogli il volto non fosse professionale né divertente. Cosa voglio dire? Voglio dire che io non ho pensato che quella copertina fosse inopportuna e di cattivo gusto perché c’era disegnata Chiara Ferragni, quindi una donna pagliaccio.
Serve questa precisazione? A quanto pare sì. Ho letto che chi si è scandalizzata lo ha fatto soprattutto perché il settimanale esce in edicola nel giorno dedicato alle donne. Mimose, cioccolatini e auguri. Il nodo sta tutto qui: ma come? Proprio nel giorno delle donne? E subito: è sessismo. Eccovelo servito, il sessismo. Portato a tavola proprio da noi donne, femminista reazionarie, tutte attaccate alla gonna della Cortellesi che (visto che finora nessuno lo aveva fatto e nessuno se ne era accorto) ci ha illuminato con il suo film portando in scena la condizione delle donne e invitandoci a ribellarci. E noi reazionarie e ribelli abbiamo sottolineato che l’Espresso ha sbagliato ma solo perché si tratta di una donna. Siamo cadute noi per prime nella trappola, adottando l’atteggiamento da noi più odiato e diffamante; il sessismo. Quella sottile e quotidiana goccia cinese che ogni giorno ci ricorda che la società ci percepisce diversamente rispetto agli uomini. Tanto da diverse da doverci dedicare una giornata, una celebrazione.
Non abbiamo bisogno di esser celebrate, festeggiate come il santo patrono di un paesino. Fino a quando sentiremo il bisogno di essere festeggiate, sentendoci diverse (non mi pare esista la festa dell’uomo e non venitemi a dire che bisogna ricordare le battaglie delle donne per i propri diritti perché mi risulta che anche qualche uomo si sia battuto per diritti di cui oggi godiamo), avranno ragione di considerarci effettivamente diverse da loro. E non lo siamo.
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