Per quanto possa sembrare difficile pensarlo, quello che è accaduto il 7 ottobre 2023 non è altro che il capitolo di una lunga storia che affonda le sue radici nelle immense sfide che il popolo ebraico ha dovuto attraversare e superare nel corso della sua esistenza. Una lotta per la sopravvivenza, spesso nella solitudine più totale, ancorato solo alla fede e alla tradizione, unico baluardo e bussola tra i venti della storia animati da fanatismo e odio, culminati in quella cicatrice sull’umanità che è la Shoah, che alcuni oggi osano negare, o sminuire.

La lezione storica del popolo ebraico

Ma da quella tragedia il popolo ebraico ha appreso una lezione storica, e quella lezione è stata messa in pratica dal 15 maggio del 1948. Israele è nato come Stato e “casa” di tutti gli ebrei, non più alla mercé di altri, ma figli di una propria Patria. Il sionismo in tutte le sue correnti è stato lo strumento per giungere alla realizzazione di un obiettivo che prima della comparsa di Theodor Herzl sembrava addirittura scomparso. A far sorgere il bisogno e il desiderio di uno “Stato ebraico” fu allora lo shock per “l’Affare Dreyfus”, che mise sotto gli occhi di tutti quanto fosse forte l’antisemitismo e quanto ampiamente condiviso. Nel corso del tempo infatti man mano che Israele radicava la sua forza e respingeva tutti i tentativi di distruzione operati dagli Stati arabi negli anni successivi alla sua fondazione fino al giorno d’oggi, quello che un tempo era l’antisemitismo cambiò volto: troppo forte era il ricordo, le immagini e le testimonianze dei campi di sterminio, e allora si optò con una certa mal celata ipocrisia verso l’antisionismo, come se questo potesse cancellare il profondo sentimento di odio – non verso un’ideologia che per la sua stessa ampia e variegata composizione è difficilmente riassorbibile in una definizione unitaria, ma verso il popolo ebraico come tale.

Così il focolaio antiebraico si è rianimato, e se pian piano Israele ricuciva le ferite coi vicini, nuovi vecchi nemici animati dall’odio più che dalla ragione, dall’ambizione fanatica, più che dalla tattica politica si facevano largo in quella terra martoriata dove ogni regola sembra sovvertita, dove il tempo scorre ad un ritmo diverso e talvolta incomprensibile allo sguardo occidentale. Il 7 ottobre è stato il culmine di una spirale che ha finito per cancellare il velo di ipocrisia, mostrando al mondo quanto profondo e diffuso sia oggi l’antisemitismo nel mondo occidentale. Dopo aver narrato la drammaticità di quel giorno, e la reazione dei giorni successivi con il suo 7 ottobre 2023, in Israele brucia (Giubilei-Regnani 2024), Fiamma Nirenstein ci racconta adesso il dopo, e la nuova sfida che attende Israele oggi, lo fa con un saggio La guerra antisemita contro l’Occidente (Giubilei-Regnani 2024) denso di pathos, in cui l’autrice coadiuvata da Nicoletta Tiliacos, ci accompagna nell’eterna lotta di Israele contro i suoi nemici, quelli sul campo di battaglia e quelli nelle piazze dell’Occidente che spalmano odio contro ebrei e filo-israeliani, ignari di fare il gioco della grande piovra che ha diretto la regia del pogrom del 7 ottobre, l’Iran degli Ayatollah.

Un nemico subdolo che ha disseminato i suoi tentacoli per tutto il Medio Oriente, finanziando, armando e ideologizzando sotto il mantello del fondamentalismo jihadista tutti i gruppi terroristici, dagli Sciiti di Hezbollah, ai “sunniti” di Hamas nemici di Israele, dunque alleati degli Ayatollah. La guerra di Israele va al di là degli steccati di un conflitto regionale, è un’aggressione all’intero Occidente e ai suoi valori, primo fra tutti quello della libertà. Libertà che in tutto e per tutto che è oggi minacciata, mentre il fanatismo avanza. Più Israele recide i tentacoli di quello che è “l’asse del male” più aumenta la pressione ideologica sulle masse radicali che in Occidente operano sotto la falsa bandiera dell’umanitarismo. Ma dal suo punto di osservazione Fiamma Nirenstein ci racconta anche perché “uscire dal 7 ottobre è difficile, e chi dovrà riuscirci è soprattutto il popolo ebraico”.

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Nato nel 1994, esattamente il 7 ottobre giorno della Battaglia di Lepanto, Calabrese. Allievo non frequentante - per ragioni anagrafiche - di Ansaldo e Longanesi, amo la politica e mi piace raccontarla. Conservatore per vocazione. Direttore di Nazione Futura dal settembre 2022. Fumatore per virtù - non per vizio - di sigari, ho solo un mito John Wayne.