È pensabile che con l’attuale struttura istituzionale e politica l’Unione Europa sia in grado di porre mano a qualcuno degli obiettivi posti dal rapporto Draghi? Se non cambia l’assetto istituzionale, nessuno di quegli obiettivi potrà essere, non dico realizzato, ma messo davvero, in modo operativo, nell’agenda della Commissione Europea o del Consiglio dei Capi di Stato europei. Ci vuole un conferimento di nuova sovranità, forte e superiore agli egoismi nazionali e nazionalistici, per cercare di realizzare qualcuno dei 170 obiettivi del rapporto Draghi.

Siamo davanti a un tema politico e istituzionale rilevante: andare avanti così, con questa Europa dei 27, o imboccare decisamente la strada, con chi ci sta, di un sovranismo europeo, accompagnato da una Costituzione Europea, che si collochi al di sopra dei piccoli o grandi interessi politici nazionali. Se non si va a una fase costituente in cui viene sancito il potere legislativo del Parlamento Europeo che esprima anche un Esecutivo, forte e autorevole, fuori dai bilancini tra i 27 paesi europei, il declino è inevitabile, per l’Europa e per i singoli Paesi. Il che richiede anche che le Regioni Europee e le Grandi Aree Metropolitane siano protagoniste di questo processo indispensabile: il Comitato delle Regioni, opportunamente riformato deve diventare il Senato europeo: solo contando sulla spinta delle Regioni e delle Grandi Città si possono sconfiggere i centralismi nazionali e contribuire ad un sovranismo europeo radicato nelle autonomie locali e regionali.

Questo anche per aprire la strada alla elezione diretta del Presidente della Commissione Europea, o per meglio dire, del Governo di Europa: la elezione del premier europeo è la vera svolta di cui abbiamo bisogno, nell’ambito della costruzione costituzionale e unificatrice dell’Europa. Ma il presupposto dell’agenda Draghi e del nuovo assetto indispensabile della Unione Europea è che ci siano in Europa forze politiche che si muovono con una visione nuova delle sfide, delle necessità e delle possibilità che abbiamo davanti a noi.

Occorrono forze politiche che sappiano uscire dagli angusti schemi nazionali, per affrontare i temi del fisco, del lavoro, dell’immigrazione, della sanità, della scuola e dell’Università, della ricerca, dell’ambiente, della mobilità, della produzione materiale e intellettuale, della cultura in una dimensione europea. Occorre davvero che ci siano partiti transnazionali, profondamente radicati nel territorio di tutta Europa, ma con politica, strategie, progetti e valori europei. Ed è questa la dimensione della elaborazione teorica e della prassi politica che dovrebbe avere un partito rifomista, a cui il rapporto Draghi ha fornito parecchi obiettivi, dentro una filosofia che guarda oltre le tristi, e in qualche caso, meschine vicende quotidiane dei singoli Paesi.