Anche l’Europarlamento ha dato luce verde all’accordo sulla Brexit, due giorni prima della mezzanotte che tra venerdì e sabato sancirà l’addio dei britannici all’Ue. Dopo l’approvazione del Consiglio giovedì, la Brexit alla fine il 31 gennaio diventerà effettiva, e le parti si concentreranno allora sulla seconda parte di negoziati, dedicati alla futura relazione del Regno Unito con il blocco comunitario di cui fa parte dal 1973. Negoziati che si prospettano difficili, con la possibilità che i colloqui su un nuovo accordo commerciale possano collassare prima della fine del 2020, rendendo necessari ‘scenari’ alternativi.
In aula, la lunga sessione è stata segnata da lacrime e abbracci, ma anche da astio e rivalsa. Gli eurodeputati hanno detto sì con ampia maggioranza all’accordo di recesso che mette fine alla saga di 4 anni, seguita al referendum del 2016: 621 sì, 49 no e 13 astensioni. “Vi ameremo sempre e non sarete mai lontani”, ha detto la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, rivolgendosi in plenaria ad alcuni deputati in lacrime. “Il voto non è un addio”, “solo un arrivederci”, ha aggiunto il coordinatore della Brexit in Parlamento, Guy Verhofstadt. Anche il presidente dell’Eurocamera, David Sassoli, ha preferito dire “arrivederci”, perché addio è “troppo definitivo”, e ha sottolineato: “Lasciate l’Ue ma continuerete a far parte dell’Europa”.
A esultare, invece, lo strenuo promotore della Brexit, Nigel Farage. Ricopre uno dei 73 seggi dell’Europarlamento che spariranno con il divorzio, quando i membri si ridurranno dai 751 attuali. “Voglio che la Brexit avvii un dibattito nel resto dell’Europa”, ha detto, tuonando, tra gli applausi dei suoi: “Amiamo l’Europa, semplicemente odiamo l’Unione europea”. I deputati pro-Brexit si sono anche fatti redarguire dalla vice presidente, Mairead McGuinness, perché smettessero di sventolare bandierine con la Union Flag.
Sugli 11 mesi di negoziati sulla relazione commerciale futura, il presidente francese Emmanuel Macron ha promesso: “Non metteremo pressione. La priorità è definire, sul breve, medio e lungo periodo, gli interessi dell’Ue e tutelarli”. Bruxelles ha già detto di considerare quel lasso di tempo troppo breve, mantenendo così vivo il timore che un’uscita caotica, per ora evitata, possa rimaterializzarsi alla fine dell’anno se non ci sarà un accordo. Amelie de Monchalin, ministra per l’Europa francese, ha messo in guardia: a meno che Londra chieda entro l’estate un’estensione del periodo di transizione, la prospettiva è uno scenario in cui i confini potrebbero essere chiusi, dazi potrebbero essere imposti e le regole cambiate all’improvviso.