"Impossibile uscire da questo vortice"
L’ex calciatore Giuseppe Bruscolotti racconta il prestito chiesto al clan: “Le banche lasciano soli i cittadini”
“C’è tantissima gente perbene e onesta che alla fine trova difficoltà ad accedere a questi canali (gli istituti di credito)”. A parlare è Giuseppe Bruscolotti, l’ex capitano del Napoli di Maradona, quello che il 10 maggio 1987 vinse il primo scudetto. Palo ‘e fierro è finito nella morsa degli usurai di un clan di Fuorigrotta, i Baratto-Volpe, e diversi anni fa, nel 2011, chiese un prestito all’organizzazione criminale, sgominata ieri da una operazione dei carabinieri, sia per gestire le perdite del suo ristorante a Posillipo (che si chiamava proprio “10 maggio 1987”) sia per aprire un centro scommesse nel quartiere dove si trova lo stadio che oggi porta il nome di Diego Armando Maradona.
“Quando si entra in questo vortice è impossibile uscirne” ha spiegato ai magistrati l’ex calciatore quando è stato ascoltato nei mesi scorsi come teste. In una intervista a Il Mattino, Bruscolotti spiega le ragioni che l’hanno portato a chiedere soldi ad Antonio Volpe, il reggente del clan ammazzato a 77 anni nel marzo 2021 in via Leopardi, a pochi passi dalla tabaccheria di famiglia.
“È un capitolo lungo e delicato. Mi limito a dire che, in un momento di particolare costrizione e di criticità non sempre si trova una sponda con gli istituti di credito, i cui percorsi e le cui procedure sono spesso lunghi e complessi. Penso che questo sia il vero problema da affrontare” spiega Bruscolotti che chiese così un prestito di circa 65mila euro ai Volpe-Baratto, restituito con tasse mensili da 2400 euro al mese, poi diventati mille.
Prestito con tassi che variano dal 20 al 40% che ha difficoltà a pagare con regolarità durante l’emergenza pandemia. “Abbiamo difficoltà di sopravvivenza qua sta tutto fermo, tra poco iniziano i suicidi” si giustifica con uno dei figli di Volpe che chiede il rispetto dell’accordo.
Al Mattino Bruscolotti spiega: “Purtroppo sono caduto nell’errore di credere che fosse tutto possibile. Quando ti trovi in un momento di difficoltà, quando hai bisogno di liquidità, aderisci a offerte che solo in stato di necessità si possono accettare“.
“Alla fine si commette un passo sbagliato, ed è capitato anche a me” aggiunte l’ex calciatore la cui agenzia di scommesse oggi è gestita dai familiari.
Undici le misure cautelari eseguite ieri dai carabinieri, al termine delle indagini della Dda, nei confronti di presunti appartenenti a due gruppi malavitosi del quartiere Fuorigrotta, i Baratto e i Volpe. A fare luce sugli affari della malavita flegrea è un collaboratore di giustizia, Gennaro Carra, genero del boss del Rione Traiano Salvatore Cutolo, detto Borotalco.
Carra, non sempre ritenuto attendibile dagli stessi pm, spiega di essere stato presente a un incontro tra l’ex bandiera del Napoli e il boss Antonio Volpe, ucciso quasi due anni fa. “Commentai con il Volpe – riferisce il ‘pentito’ – che il tasso di interesse praticato era benevolo, e il Volpe mi rispose che lo aveva fatto perché sì trattava del capitano del Napoli”. Ma secondo gli investigatori i tassi superavano anche il 40%.
Stando a quanto emerso dalle indagini, le vittime presenti in un “libro mastro” sequestrato nel corso di una perquisizione nel luglio 2020 in una tabaccheria, erano oltre 50 le vittime di usura del clan.
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