L’appartamento del boss Scotto nel centro storico di Napoli, quartiere San Lorenzo, è inagibile a causa del crollo delle scale condominiali. Il terraneo a Fuorigrotta di Assunta Maresca risulta inagibile a causa di gravi problemi strutturali, come si legge nell’elenco dei beni confiscati pubblicato sul sito del Comune di Napoli. Sono due esempi, se ne potrebbero fare tanti. Perché andando indietro nel tempo, per anni i beni confiscati sono stati considerati una patata bollente, una zavorra più che una risorsa. Per anni, ovviamente sottovoce, in tanti hanno esclamato che «era meglio quando qui c’era la camorra» semplicemente perché incapaci di assumere la gestione e trasformare quel bene della camorra in qualcosa di buono e di utile per la comunità.
Per anni la Campania ha detenuto il record negativo dei Comuni che rifiutavano i beni confiscati, che allargavano le mani di fronte all’impossibilità-incapacità di trasformare in ricchezza pubblica e legale un bene che in passato era stato il simbolo dello sfarzo illegale e camorrista. C’è un elenco di società lasciate deperire, di immobili abbandonati al degrado e alla devastazione del vandalo di turno. Perché per anni l’incuria ha demolito tutto, sia i simboli del potere mafioso sia l’opportunità di riscatto e valorizzazione che la confisca di quei beni avrebbe dovuto significare. Le statistiche dicono che la Campania è al secondo posto in Italia per numero di immobili sottratti alla camorra: 6.691 beni immobili, il 16% del nazionale e 1.117 aziende confiscate (al primo posto c’è la Sicilia con i beni sottratti a Cosa Nostra).
Ma quanti di questi beni vengono di fatto riutilizzati e valorizzati? La Fondazione Polis sta portando a termine una sorta di censimento, «un monitoraggio attivo» precisa Enrico Tedesco, segretario generale della Fondazione Polis, fondazione regionale che si occupa dei familiari delle vittime della camorra ma anche dei beni sottratti alla criminalità. «Servirà a individuare tutte le cooperative che gestiscono i beni per capire quanti sono, quali problemi hanno e dove si può intervenire per dare loro una mano», spiega Tedesco che un primo problema già lo indica. «Bisogna qualificare il personale degli enti locali e delle cooperative – aggiunge, usando una metafora – ma anche cambiare l’approccio culturale, occorre intervenire sull’autista della macchina perché, se pure fai manutenzione e tieni bene la macchina, se poi non hai autisti che sanno guidare la macchina va a sbattere prima o poi».
Nella realtà gli autisti sono soprattutto i Comuni e le cooperative, quindi gli amministratori locali e il privato sociale. «I Comuni negli anni sono stati depauperati, gli uffici tecnici sono in condizioni critiche, non c’è personale qualificato né la capacità di governance che dovrebbe servire a gestire un tema, quello dei beni confiscati, che dovrebbe invece diventare prioritario», conclude Tedesco illustrando l’obiettivo della nuova iniziativa promossa dalla Regione Campania, quella di un primo forum espositivo dei beni confiscati che si terrà l’1 e il 2 aprile alla Stazione marittima alla presenza del ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, del ministro del Sud Mara Carfagna e del commissario europeo per gli affari economici Paolo Gentiloni. «La filosofia di questa iniziativa – spiega – è sola e unicamente valorizzare le buone prassi e far sì che, in forza di questa valorizzazione, senza dirci bugie né illuderci, si possa migliorare la percentuale vergognosa di grande dicotomia che esiste tra quello che dovrebbe e quello che viene di fatto valorizzato. Bisogna puntare al dato economico, fare in modo che i beni confiscati producano qualcosa che deve poter andare sul mercato e dare ricchezza al territorio in termini di migliore sicurezza, maggiore legalità e inclusione sociale, migliore qualità della vita».
Partire dalle buone prassi, dunque, che a Napoli e in Campania ci sono. Ne citiamo una per tutte: le terme di Contursi candidate a diventare un bene simbolico nella provincia di Salerno. Nel 2020 la Regione Campania ha finanziato con un milione e 782mila euro 20 Comuni e con 321mila euro 14 soggetti gestori, nel 2021 sono stati finanziati invece 10 Comuni con un milione e 611mila euro e 7 gestori con 600mila euro. All’orizzonte ci sono ora i finanziamenti stanziati dal Pnrr, 250 milioni di euro per i beni confiscati, una cifra enorme che apre a mille opportunità. Bisogna saperle cogliere, avere la capacità soprattutto di saperle non solo cogliere ma anche gestire nel medio e lungo termine. La speranza, quindi, è che davvero ci possa essere un grande risveglio di competenze nelle amministrazioni locali. Per ora, viste le statistiche del passato, al futuro si guarda con cauto entusiasmo.