Ci vorranno forse anni se non almeno un decennio o più prima che gli economisti e i commentatori italiani riconoscano lo straordinario contributo strutturale dato dal Piano Industria 4.0 varato dal governo Renzi nel 2016 alla competitività delle imprese italiane e al loro export (dopo che lo stesso governo aveva già rilanciato la Legge Sabatini e introdotto il superammortamento per gli investimenti in nuovi macchinari e impianti l’anno precedente). Finora su questo argomento si sono registrati qualche parziale apprezzamento a voce bassa, qualche isolato “io l’avevo detto che avrebbe funzionato”; pochi grazie, più generale molta reticenza o silenzio assoluto. Un comportamento tipico di un Paese come il nostro che ama piangersi addosso, dove tutto deve sempre andare male per forza, dove gelosie trasversali e scarsa riconoscenza sono la prassi e dove molti salgono in cattedra e sono prodighi di idee e suggerimenti – fin che sono alla tastiera – per migliorare l’Italia ma poi concretamente è la politica che deve agire e anche quando fa cose buone difficilmente ciò le viene riconosciuto.
Alla vigilia della presidenza italiana del G7 nel 2024, l’Italia si presenta con un’economia che in termini di PIL in volume alla fine del terzo trimestre 2023 è cresciuta di più degli altri 4 più grandi Paesi d’Europa rispetto ai livelli pre-pandemia. Noi +3,3% rispetto al quarto trimestre 2019, la Spagna +2,1%, la Francia e il Regno Unito +1,8%, la Germania solo +0,3%. Ma soprattutto l’Italia si presenta come il Paese esportatore più dinamico del G7 stesso.

Ciò grazie al rilevante ammodernamento tecnologico e organizzativo delle imprese italiane favorito dal Piano Industria 4.0. Che speriamo possa ora essere rilanciato in chiave 5.0 se il governo Meloni saprà utilizzare con profitto le extra risorse per le imprese che la revisione del PNRR concordata con l’Europa sembra aver messo a disposizione. Nel pieno della crisi europea e mondiale dei commerci del 2023, nei primi nove mesi di quest’anno l’export dell’Italia ha rallentato, sì, ma ha tenuto. Solo la Francia ha fatto meglio di noi in termini di esportazioni tra i Paesi del G20 ma più che altro per aver effettuato delle grandi consegne eccezionali una tantum e perché comunque l’economia transalpina veniva da un periodo piuttosto fiacco delle sue vendite all’estero. Poi solo il Messico e la Germania (quest’ultima, peraltro, in fortissima frenata negli ultimi mesi) hanno visto crescere, sia pure di poco, il loro export. Risultato, secondo i dati delle esportazioni in dollari dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO), rispetto ai primi nove mesi dello scorso anno: Francia +5,6%, Italia +2,8%, Messico +2,7%, Germania +1,2%.

Per il resto un’ecatombe con pochi precedenti storici recenti, a seguito dello sgonfiamento dei prezzi delle materie prime, di grandi turbolenze nei cambi delle monete e delle persistenti difficoltà delle filiere delle forniture globali. L’elenco dei cali delle esportazioni nei primi nove mesi del 2023 è lungo e significativo: Argentina -23,9%, Australia -9,9%, Brasile 0%, Canada -7%, Cina -4,5%, Indonesia -12,3%, Giappone -5%, Corea del Sud -11,5%, Russia -29,4%, Turchia -0,5%, Regno Unito -11,9%, Stati Uniti -2,5%.
Ma l’Italia non si sta soltanto dimostrando robusta (o resiliente, come ormai si suole dire) in questa difficile fase degli scambi internazionali. È stata anche protagonista dal 2015 ad oggi della più forte crescita dell’export tra i Paesi del G7, in parallelo con la crescente competitività di prodotto e tecnologica stimolata dal Piano Industria 4.0. Infatti, se confrontiamo i primi nove mesi del 2015 e del 2023 scopriamo che le esportazioni italiane sono aumentate in dollari del 48%, nettamente di più di quelle di Canada (+37%), Stati Uniti (+33%), Francia (+28%), Germania (+27%), Giappone (+13%) e Regno Unito (-1%).

Considerando gli altri due maggiori esportatori mondiali del G7, solo la Cina (+54%) ha fatto un po’ meglio dell’Italia (ma stiamo parlando della Cina, appunto), mentre l’export del nostro Paese è cresciuto di più anche di quello della Corea del Sud (+17%).
In definitiva, dal 2015 ad oggi l’Italia ha esportato a ritmi quasi “cinesi”. Non male per un Paese che fino a poco tempo fa molti davano quasi per “spacciato” e senza prospettive nella competizione globale. Nel confronto europeo, l’export italiano dal 2015 ad oggi è andato a doppia velocità di quelli di Germania e Francia. Soprattutto per ciò che riguarda le esportazioni verso i Paesi extra-UE. Infatti, se consideriamo gli ultimi dodici mesi terminanti a settembre 2023, le esportazioni italiane fuori dall’UE risultano del 46% superiori in valore a quelle del 2015, mentre quelle tedesche sono più alte solo del 23% e quelle francesi del 22%.