Promemoria per i dem di casa nostra
Lezione tedesca al Pd: la sinistra vince se si riscopre riformista
La coincidenza delle elezioni amministrative in Italia con le politiche in Germania impone un’analisi delle sfide e del percorso accidentato che le forze progressiste sono chiamate ad affrontare nel nostro Paese. Come spesso è accaduto in passato, anche stavolta alla politica di casa nostra giunge una lezione esemplare dall’Europa, in particolare proprio dalle elezioni tedesche. E quella lezione riguarda l’intero schieramento progressista, a cominciare da quello napoletano. Tra le metropoli al voto, infatti, la nostra è l’unica a proporre un’intesa organica tra il Partito democratico, il Movimento Cinque Stelle e la sedicente sinistra radicale e bencomunista che per dieci anni ha sostenuto l’amministrazione capitanata da Luigi de Magistris.
Proprio in una delle città dove le forze del centrosinistra avrebbero avuto maggiore bisogno di una robusta iniezione di autentico riformismo, infatti, si è preferito strutturare un’alleanza innaturale, incomprensibile e forzata, tra l’altro seriamente messa in crisi, a livello nazionale, dallo “tsunami” provocato dall’avvento di Mario Draghi. L’affermazione dell’Spd in Germania di Olaf Scholz, che ha di fatto “cannibalizzato” la sinistra radicale della Link, dimostra – qualora ve ne fosse bisogno – che la sinistra è chiamata a responsabilità significative di governo se capace di innovazione e se capace di leggere, interpretare e tentare di governare le complessità e le contraddizioni della modernità, a partire dalla rivoluzione digitale e dal mondo dei nuovi lavori. In altri termini, la sinistra vince se si dimostra genuinamente riformista, se riscopre i valori del garantismo, insidiati in Italia dal cortocircuito politica- magistratura e da un populismo giudiziario che ha visto crescere e moltiplicarsi processi basati su fumisterie e astrusi teoremi che non reggono al riscontro dei tre gradi di giudizio. Ecco perché credo che il voto in Germania – il Paese di grandi leader socialdemocratici come Brandt, Schmidt e Schröder – indichi la strada.
In Italia si avverte l’urgenza indifferibile di una sinistra davvero europea, gradualista, riformatrice che somigli a quella che con Stefano Bonaccini governa (bene) una regione importante come l’Emilia Romagna e sia l’esatto contrario di quel caravanserraglio che si è voluto mettere in piedi a Napoli e che si estende dal Pd alle liste deluchiane, dagli antagonisti dei centri sociali fino a qualche vecchio arnese della destra. In Italia, in particolare a Napoli, la sinistra ha bisogno di fare i conti con la propria storia attraverso una lunga elaborazione critica che rimuova le abiure semplicistiche e antistoriche: il socialismo è un’esperienza storico-politica che ha radici dalle quali possono ancora nascere dei virgulti e che non può essere ridotto a “questione criminale” come si è preteso di fare da Tangentopoli a oggi.
A Napoli più che altrove c’è bisogno di una riflessione vera su questi temi perché occorre affrontare i mali endemici di una città dolente, ferita da dieci anni di dissennata amministrazione e dall’eredità drammatica del Covid. È per queste ragioni che auspico che la città sia affidata, nei prossimi anni, a uomini con una salda e radicata cultura istituzionale che rifuggano in maniera netta e inequivoca dall’ubriacatura del populismo e dalle nebbie di un’indistinta antipolitica che ha prodotto solo macerie e degrado.
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