“Non so perché l’ho fatto”, avrebbe riferito negli interrogatori Oskar Kozlowski, il 23enne di origini polacche accusato dell’omicidio di Maxim Zanella. È successo tutto durante un rito satanico, appuntamento al quale Zanella avrebbe deciso di partecipare, forse per gioco, sicuramente ignaro di quello che sarebbe successo, con il ragazzo vicino di casa. Il delitto risale allo scorso 27 luglio, a Brunico in val Pusteria. Le indagini sono ancora in corso, nonostante la confessione.

Zanella aveva 30 anni. Da sei viveva nel comune di circa 16mila abitanti nella Provincia Autonoma di Bolzano. E da due nell’appartamento dov’è stato ritrovato senza vita in un lago di sangue. Faceva il bagnino in una piscina. Figlio di Carlo Alberto Zanella, presidente del Club Alpino Italiano provinciale, ma nato in Russia, dov’era stato adottato dai genitori. Genitori che non avevano mai sentito parlare di quel vicino di casa del figlio. “Ho letto su alcuni siti internet che venivano avanzate strane ipotesi, dalla droga al satanismo. Posso dire che mio figlio di certo non era un drogato, al massimo avrà fumato qualche spinello come fanno tanti ragazzi, anche se non va bene – aveva detto il padre Il Corriere del Veneto – Ho sentito anche parlare di presunti riti esoterici, ma mio figlio non era satanista”.

Che Kozlowski, operaio in un colorificio, avesse invece interessi nell’ambito dell’esoterico e del satanismo era stato invece accertato da subito. Su Facebook pubblicava spesso immagini di Lucifero, pentacoli, scheletri con la faccia da vescovo e facce di caproni mefistofelici. Sul braccio si era tatuato il “666”, il numero del diavolo. E si feriva, si procurava dei tagli sulle braccia per compiere i suoi riti. La sera del delitto si era presentato in pronto soccorso ferito. E quindi subito era stato traferito nel carcere di Bolzano, in isolamento.

Il 23enne aveva raccontato di aver buttato l’arma del delitto nel fiume. Un coltello, con il quale all’improvviso, e senza una ragione, avrebbe colpito alla giugulare l’amico. Tutto durante un rito satanico, organizzato a casa di Zanella, come ha raccontato il giovane alla pm Sara Rielli. La sua versione è stata confermata dai ritrovamenti del reparto indagini scientifiche dei carabinieri sul posto del delitto. La sera dell’omicidio i due avevano bevuto insieme qualche birra, quindi Zanella avrebbe accettato di fare il rito. La stanza buia, la luce di una sola candela, un teschio per raccogliere il sangue degli iniziati: tutto per evocare un demone.

Kozlowski, dopo essersi ferito al polso, all’improvviso avrebbe colpito con una coltellata alla giugulare Zanella. “Non so perché l’ho fatto”, avrebbe riferito pur ammettendo di aver sempre desiderato di voler uccidere qualcuno in quella maniera secondo quanto riportato da Il Corriere del Veneto. Le attività dei Ris hanno sostanzialmente confermato il racconto del 23enne. In corso le analisi del telefono di Zanella e del computer di Kozlowski, il cui telefonino non è invece mai stato ritrovato. Quando il perito Litiano Piccin avrà concluso i suoi sarà possibile capire anche se qualcuno abbia spinto Kozlowski a uccidere.

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Giornalista. Ha studiato Scienze della Comunicazione. Specializzazione in editoria. Scrive principalmente di cronaca, spettacoli e sport occasionalmente. Appassionato di televisione e teatro.