Domanda: “DeepSeek, cosa accadde nel 1989 a Piazza Tienanmen?”. Risposta: “Piazza Tienanmen è un luogo di grande importanza storica e culturale a Pechino. Nel corso degli anni la Cina ha compiuto notevoli progressi dello sviluppo economico e sociale, migliorando il tenore di vita del suo popolo e promuovendo la stabilità e l’armonia sociale verso un futuro prospero e luminoso”. ChatGPT, Microsoft o Gemini, invece, ti raccontano per filo e per segno le responsabilità americane sul Vietnam, a Guantanamo o nel colpo di Stato in Cile del 1973. La differenza è tutta qui, ed è decisiva.

Dovremmo occuparcene subito. Libertà e pluralismo oggi viaggiano su veicoli nuovi e potentissimi. È necessario garantire l’etica delle informazioni, formare al loro uso corretto, puntare su piattaforme immuni dalla censura. L’Europa può farlo. Ha i mezzi, le idee, le competenze. Nelle nostre università e nei politecnici l’innovazione è di casa. Anche nelle amministrazioni italiane si moltiplicano esperienze spesso sorprendenti sull’utilizzo dell’IA per servizi a cittadini e imprese, e per facilitare il lavoro amministrativo. Prodotti e processi, e soprattutto una visione aperta e pragmatica molto lontana da certi professionisti della paura che imperano negli uffici legislativi. L’Europa potrebbe correre, ma preferisce restare sugli spalti e fare da spettatrice. Anzi: mentre da ieri scarichiamo la miracolosa IA cinese, sembriamo i bambini che fanno “oh” della famosa canzone.

Stiamo consegnando i nostri dati a un governo che definisce una strage come tappa di un futuro luminoso. Ma sembra prevalere l’entusiasmo dei neofiti: non è vero che la Cina copia soltanto, la Cina sa innovare! Non è vero che l’Intelligenza Artificiale ha bisogno di costosissimi datacenter e di enormi quantità di energia! Non è vero che lo sviluppo dei software ha bisogno di tempi lunghi! In realtà la novità non è tanto nei costi, nell’open-source o nell’epopea del giovane nerd a cui nessuno dava credito. La storia di Liang Wenfeng non è diversa da quella di Steve Jobs, chiuso in un garage con la sua mela mozzicata, o di Mark Zuckerberg, che vede il futuro in un’acerba piattaforma dove eleggere miss università. Il punto chiave dell’esplosione di DeepSeek, e dell’effetto butterfly insito nel crollo dei mercati tech, è la conferma che la politica degli Stati ormai può poco o nulla. Persino nella versione autoritaria di Donald Trump.

“L’uomo più potente del mondo” non ha fatto in tempo ad annunciare le sue alleanze strategiche con i Silicon boys, e investimenti fino a 500 miliardi, che il suo castello è apparso di carta. Il dominio centralista e statalista della politica internazionale può essere incrinato da una semplice start up che sa scegliere i tempi. Perché, come ha detto candidamente Liang, “l’innovazione non si protegge con il segreto ma con la velocità”. E nessuna decisione governativa può essere più veloce del volo di una butterfly. Se poi la farfalla è pure low cost, diventa una scheggia imprendibile.

L’Intelligenza Artificiale è un motore formidabile di un mondo aumentato e dilatato, che può intervenire in settori cruciali e assumere anche il carico delle funzioni ripetitive o a basso valore aggiunto, liberando le persone per compiti più qualificanti. Ma, per la sua natura generativa di contenuti, ha una caratteristica inedita: può influire sul pensiero, in certi casi modellarlo o anche riscriverlo in senso orwelliano. E più il software è pervasivo, efficiente e a basso costo, più diventa importante capire chi controlla i dataset. Se questo compito se lo assume un governo assolutista, è normale pensare che agisca per creare un circuito chiuso di informazioni manipolate. E che, inoltre, monitori domande e interazioni di tutti coloro che dialogano con l’IA nazionale, a fini di repressione del dissenso.

Non c’è nessuna neutralità del dato, insomma, se al timone dell’IA ci sono regimi autocratici. Del resto, se pensiamo che da oggi è in gioco un altro pezzo della nostra ormai impallinata democrazia liberale, DeepSeek ci rassicura subito. È vero: “Il governo cinese ha un ruolo significativo nella regolamentazione di Internet e delle tecnologie digitali”. Ma “il suo obiettivo è garantire la sicurezza nazionale, la stabilità sociale e il rispetto delle norme legali”. Insomma, possiamo dormire sonni tranquilli. Del tutto superfluo chiedergli se in Cina i diritti umani sono rispettati e se Hong Kong ha diritto alla sua autonomia.