Tutti insieme, non per forza appassionatamente. L’appello a costruire una coalizione tra tutte le forze politiche che non si riconoscono nella compagine di centrodestra ha autorevoli sostenitori, soprattutto alla luce dell’onda di destra che ha colpito con modalità e intensità diverse l’Europa. E del resto avrebbe anche l’aritmetica dalla sua parte, ammesso che nelle vicende politiche – dove uno più uno raramente fa due – possa considerarsi un criterio di qualche attendibilità. In Italia però lo abbiamo fatto spesso, dalla gioiosa macchina da guerra di Occhetto in poi il centrosinistra si è presentato in coalizioni il cui grande collante era l’avversario.

A cui per anni si è cucito addosso l’etichetta di “pericolo per la democrazia”, di “moralmente inadeguato” e a mezza voce, se non di “fascista”, quantomeno di sdoganatore di post-fascisti. Tutte accuse che, reiterate negli anni e indirizzate ad avversari diversi, hanno smarrito il loro smalto e la loro incisività (un po’ come nella favola di Esopo, a forza di gridare “Al lupo!” non si viene creduti quand’anche il lupo arrivasse davvero).

Il percorso diverso

Serve allora immaginare un percorso diverso. Anche perché quello schema raramente ha funzionato alle elezioni, quasi mai al governo. Tutti i cartelli elettorali a sinistra, con protagonisti e slogan diversi, hanno avuto una costante: quella di aggregare un numero più o meno largo di cespugli attorno al perno degli eredi dell’ultimo PCI. Tollerando sfumature di pensiero ora più intransigenti, ora più moderate, ora più ambientaliste, ora più o meno laiche, purché non mettessero le mani sul volante e sostanzialmente accettassero (o meglio: prendessero atto di) una continuità morale e valoriale con la stagione berlingueriana. E proprio oggi che quella continuità nel centrosinistra pare essere un dato acquisito ha senso mettere in discussione un’egemonia che dura da trent’anni. Per farlo serve che le forze culturali, sociali e (se esistono) politiche che si riconoscono nel socialismo democratico e liberale, nei valori liberaldemocratici e repubblicani aprano una sfida. Che rifiutino il ruolo da comprimari e da cespugli (e le relative garanzie, diritti di tribuna) e contendano la leadership della coalizione di centrosinistra.

L’esempio francese

In Francia è stato possibile assemblare la coalizione Nouveau Front Populaire in vista delle elezioni parlamentari proprio perché è un’alleanza con pari dignità tra la sinistra radicale e le ritrovate forze socialiste e umaniste. E anche perché la nuova proposta dei socialisti, grazie anche al ruolo di Raphaël Glucksmann, ha sfiorato il 14% alle europee e rappresenta un elemento di grande novità, non solo per la Francia. Insomma le forze che hanno a cuore il pluralismo contro il dogmatismo, le libertà (tutte, anche quelle economiche), le opportunità diffuse e il riconoscimento del merito e non l’assistenzialismo, la solidarietà e la ripartenza dell’ascensore sociale non devono chiedere spazi, devono prenderseli. Costruendo una proposta in grado di rispondere in modo convincente alla grande emergenza sociale che attraversa il paese. Lo si faccia nel nome di Matteotti e per il futuro dell’Italia.

Tommaso Greco

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