Dopo tre tentativi falliti nel 2006, Israele è riuscito ad assassinare il satrapo e fanatico leader carismatico di Hezbollah, grazie al frutto di un nuovo approccio da parte dell’Intelligence che ha trasformato il volto del conflitto decennale da difensivo a offensivo. Così è stata annientata militarmente la più potente ramificazione dell’Iran in Medio Oriente. Possiamo dire che il 27 settembre è il giorno più importante in Medio Oriente dal 1967, quando con la guerra dei Sei giorni Israele sconfisse contemporaneamente le Nazioni confinanti, Egitto, Siria e Giordania, che ne volevano l’annientamento.

I nuovi passi

Ora il Partito di Dio è in ginocchio, colpito al cuore soprattutto nella sua sicurezza e nella capacità di deterrenza e di offesa. Anche la Repubblica islamica è a sua volta molto più debole in patria e più isolata nell’area: il suo sistema di sicurezza appare fortemente vulnerabile per le infiltrazioni profonde che ha subìto dall’Intelligence israeliana nel corso degli anni, anche favorite dalle divisioni interne al corpo del regime, all’interno dei pasdaran e dello stesso clero sciita. Adesso l’Iran è molto più esposto perché, senza l’arsenale carico di Hezbollah puntato contro Israele, è molto vulnerabile a una potenziale azione di Gerusalemme che mira a disinnescare la minaccia atomica di Tehran e a depotenziarne fortemente la capacità militare.

L’Iran ha trascorso tutti gli ultimi 40 anni a costruire la sua capacità di deterrenza nei confronti di Tel Aviv creando e forgiando una ramificazione sciita della Repubblica islamica in Medio Oriente. Ora sa che non tarderebbe a subire la stessa sorte. Israele sembra voler completare la distruzione militare del Partito di Dio in Libano così come è avvenuto con Al-Fatah, nella guerra israelo-libanese del 1982. Ciò comporterebbe un ulteriore indebolimento e isolamento di Hamas e dunque l’attenzione si concentrerebbe sull’Iran, come ieri ha dichiarato lo stesso Netanyahu assicurando che “presto questo paese sarà liberato prima di quanto si pensi”.

La grande confusione

Finora l’Iran aveva messo in prima linea, nell’intento di estendere la sua influenza in Medio Oriente e di logorare ai fianchi Israele fino a distruggerlo, le vite dei suoi proxy. Cioè di Hamas, di Hezbollah, delle milizie sciite siriane, di quelle irachene di Kataib Hezbollah, di quelle degli Houthi, evitando accuratamente di entrare in un conflitto diretto che metterebbe a rischio la propria sicurezza e l’esistenza stessa della Repubblica islamica. Contrariamente a quanto si potrebbe immaginare, ora – dopo la decapitazione di Hezbollah – il regime di Tehran è molto più debole e instabile all’interno e molto più isolato all’esterno, circondato da nemici. Non è un caso se nella Capitale c’è grande confusione e smarrimento nella leadership sia religiosa che laico-militare.

Il destino segnato

La guida suprema Ali Khamenei è stata condotta in un luogo segreto ritenuto sicuro. C’è un silenzio assordante nei palazzi del regime in Iran, mentre i pasdaran e gli ayatollah continuano a lanciare strali minacciosi. Questa volta però sono attenti a precisare che la vendetta non verrà direttamente dall’Iran, ma da “altre angolazioni”. Comunque ora i suoi proxy hanno un destino segnato e assistiamo da mesi solo a sterili minacce propagandistiche, tutte a fini interni e per rassicurare la comunità sciita.

Sembrerebbe che il 7 ottobre, nella sua estrema e orribile tragicità, stia comportando una grande opportunità per Israele e il Medio Oriente: quella di eliminare la terribile minaccia militare dalla regione rappresentata dall’Iran e dagli alleati per procura. Ora il governo israeliano non può permettersi di non completare il lavoro, che è quello di smantellare completamente l’arsenale che è stato puntato contro di loro. Un’altra opportunità simile potrebbe non capitare più. L’Iran sta infatti barcollando, insicuro e incerto dopo essere stato profondamente penetrato nella sua stessa Intelligence.

Un altro dato straordinario che va sottolineato è che in gran parte del Medio Oriente la morte di Nasrallah è stata accolta con allegria, in particolare in Siria e Iran oltre che in Libano. Proprio come avvenne per le morti di Raisi e di Soleimani, il popolo iraniano sta festeggiando sui social media. Libanesi, siriani, iracheni e iraniani non manifestano la loro gioia per una lotta di potere tra sunniti e sciiti, ma perché sanno che Hezbollah e Hamas hanno distrutto la vita di milioni di persone e di generazioni in Medio Oriente. Sanno che le loro ideologie fanatiche e terroristiche hanno portato solo dolore, sofferenza e morte alle popolazioni mediorientali e all’intera umanità.