Il conflitto
L’Idf uccide alti funzionari di Hamas. In Israele nuove proteste contro Netanyahu

Per Benjamin Netanyahu è stato l’ennesimo giorno di assedio. A Gerusalemme, come avvenuto già mercoledì, migliaia di manifestanti hanno preso la strada della Knesset, il Parlamento israeliano, e la residenza del primo ministro. Le persone che hanno preso parte alla protesta hanno tentato di sfondare i cordoni della polizia, che ha sparato con i cannoni ad acqua e in un video si vede anche il leader dei Democratici, Tair Golan, spinto a terra dagli agenti. E questa volta, l’ira della piazza è doppia. Da un lato la protesta per la ripresa della guerra a Gaza.
Qui Tel Aviv
Dall’altro la rabbia contro la decisione del capo del governo di licenziare Ronen Bar, il capo dello Shin Bet, per cui Bibi ieri sera ha riunito il governo. I cittadini sono scesi in strada anche a Tel Aviv, in una manifestazione organizzata dal forum delle famiglie degli ostaggi. “Il governo sta giustiziando gli ostaggi, Netanyahu ha deciso di riportare indietro Itamar Ben-Gvir invece degli ostaggi”, hanno affermato i capi della protesta. “La ripresa dei combattimenti è una condanna a morte per gli ostaggi, la guerra non sta riportando indietro gli ostaggi, la pressione militare li sta uccidendo e almeno 41 persone hanno pagato con la vita. Quante altre pagheranno?”, si chiedono i parenti dei rapiti e delle vittime. “Quello a cui abbiamo assistito negli ultimi giorni non è nato dal nulla – ha scritto su X il leader di Blu e Bianco, Benny Gantz – tutto questo è il risultato diretto di un governo estremista che ha perso la sua moderazione ed è impegnato ad ampliare la divisione tra la gente invece di promuovere l’unità. Fermatevi prima che accada un disastro”.
Netanyahu non cede
Ma se l’opposizione è convinta che la ripresa delle ostilità sia solo un modo per far tornare nella maggioranza il ministro della Sicurezza interna e il suo partito, Otzma Yehudit, e per evitare l’attenzione sulle mosse del governo tra processi e apparati, Netanyahu non sembra intenzionato a cedere né sul fronte interno né su quello esterno. E a conferma della linea dura del governo, l’operazione militare nella Striscia di Gaza ieri è stata anche ampliata. Le Israel defense forces hanno annunciato l’inizio delle operazioni di terra nell’area di Beit Lahiya, nella parte settentrionale della regione palestinese. Le truppe si sono dispiegate anche nella parte centrale del Corridoio Netzarim, con il portavoce in arabo dell’Idf, Avichay Adraee, che ha annunciato il divieto per i palestinesi di “muoversi lungo l’asse Salah al-Din tra il Nord e il Sud della Striscia di Gaza e viceversa”. “Gli spostamenti da Nord a Sud sono consentiti solo tramite Rashid Road”, ha aggiunto, quindi sulla strada parallela che segue la costa. Mentre i jet dello Stato ebraico hanno di nuovo bombardato decine di obiettivi in tutta la Striscia, uccidendo anche alti funzionari di Hamas.
Sirene d’allarme
La milizia palestinese, che ieri alle Nazioni Unite è stata accusata dall’ex ostaggio Eli Sharabi di rubare gli aiuti e affamare i rapiti, ha inviato però una prima risposta. Verso mezzogiorno, dalla Striscia di Gaza sono partiti tre razzi M90 diretti verso la zona centrale di Israele (uno intercettato, gli altri due caduti in aree disabitate). A Tel Aviv sono scattate le sirene d’allarme. E le stesse sirene hanno suonato anche all’alba di giovedì, intorno alle 4, quando gli Houthi hanno lanciato un missile “Palestine-2” diretto verso l’aeroporto di Tel Aviv ma intercettato prima che raggiungesse lo spazio aereo israeliano. In diverse aree dello Stato ebraico i cittadini sono stati costretti ad andare nei rifugi. E l’avvertimento arrivato dagli Houthi è chiaro: nonostante i raid Usa, la milizia filoiraniana dello Yemen rimane una spina nel fianco.
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