Un’altra balordaggine in materia di giustizia è questa: che per ottenere il rispetto della legge bisogna rendere conveniente rispettarla. E come si fa? Si fanno leggi sempre più dure, affinché tutti sappiano che violarle non conviene. Questo illuminato programma è illustrato a destra e a manca perlopiù quando si discute di evasione fiscale, ma è riproposto frequentemente a proposito di qualsiasi illecito e precipita sempre in una ricetta esclusiva: alzare le pene. Con l’accortezza – come spiega certa magistratura militante – di alzare le pene minime, in modo tale da garantire che in galera ci vadano proprio tutti (lo ha spiegato qualche giorno fa il procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, durante la trasmissione Otto e mezzo, con la giornalista Lilli Gruber impegnata a mettere in difficoltà il magistrato facendosi aiutare da Marco Travaglio).

Qualche millennio di esperienza dovrebbe insegnare che la società non migliora mai con l’indurimento delle leggi: e che una legge è veramente efficace quando è diffusamente ritenuta giusta, non quando si ha solo il timore di sottrarvisi. Ma si faccia pure l’ipotesi che, al contrario, la cosa funzioni. Si faccia l’ipotesi, cioè, che davvero aggravare il sistema e l’entità delle pene costituisca un modo efficace per ottenere – come dicono questi qui – maggiore “legalità”. D’accordo: ma il limite qual è? Immaginiamo qualche esempio. La prospettiva di rimanere a pane e acqua per la durata della detenzione non deve essere un granché, e disporre che i detenuti godano di una simile dieta rappresenterebbe un ottimo esperimento dell’intenzione di rendere poco conveniente violare la legge. Che cosa facciamo? La introduciamo, questa salutare riforma? Oppure – che so? – i lavori forzati. Nemmeno quelli saranno saranno visti come una delizia, e c’è caso che uno ci pensi un paio di volte in più, quando sta per commettere un delitto, se sa che finisce a spaccare pietre sotto il sole. Ma è un motivo sufficiente per accogliere nel nostro ordinamento questa bella soluzione?
Forse sarebbe il caso di capire che un sistema civile rifiuta le pene terribili perché non desidera una legalità fondata sul terrore. E rifiuta il terrore anche se sa che il terrore può servire. E’, molto semplicemente, ciò che lo rende diverso da un sistema autoritario. Come quello governato dai militari. O dai magistrati.

Iuri Maria Prado

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