Sono a dir poco fuorvianti i commenti del giorno dopo sul voto ligure. Capisco che, a caldo, ognuno senta il dovere di conquistare un titolo e fare contenti i tifosi: “Bucci una mia scelta, ho vinto contro tutti”; “Il Pd ha dato il massimo”; “Sarebbero bastati i miei voti di preferenza”. Ma, come sempre, la politica cinica e bara incrosta la superficie e azzera la memoria delle cose.

In Liguria si è votato solo perché una furiosa campagna mediatico-giudiziaria ha fatto fuori il presidente della Regione, con l’entusiastica partecipazione della sinistra e una vigliacca acquiescenza della destra. I primi pensavano di passare facilmente all’incasso, e sono stati invece sbertucciati. I secondi, usciti dall’impaccio iniziale, hanno vinto solo grazie ad una candidatura indovinata. Ma, all’unisono, gli uni e gli altri hanno decretato per l’ennesima volta la sottomissione della politica e della democrazia al populismo giudiziario.

Detto questo, se la destra se l’è cavata con una mossa azzeccata, per la sinistra in Liguria la sconfitta si traduce come sempre nell’apocalisse. E non per il mancato funzionamento della geometria delle alleanze: quello è un problema minore, riguarda solo giochini di apparati. Ma perché qualunque appuntamento elettorale, per chi si oppone alla perfida destra, si traduce in un giudizio di Dio. Dovunque si voti, l’imperativo è vincere, non in quanto si sostiene di poter fare meglio degli altri, ma perché loro – quelli che formalmente sono definiti avversari, ma si continua a pensarli nemici – si disinteressano del bene pubblico, sono incapaci e volgari, hanno le mani nel malaffare, magari sono personalmente corrotti e perché no alleati di qualche mafia, e chi più ne ha più ne metta.

E dunque, se il problema è combattere il Male, la vittoria diventa un obiettivo maniacale, da realizzare sfruttando tutte le armi, dalle vicende giudiziarie alla demonizzazione delle persone (come è avvenuto in Liguria nei confronti di Bucci, persona palesemente per bene). È questa un’ossessione che peraltro regala un inusitato potere di veto alle componenti periferiche di una coalizione, le quali lucreranno sulla vittoria ma non pagheranno alcun dazio per la sconfitta, addebitata tutta e sempre a chi la coalizione la capeggia.

Viene da chiedersi se il gioco vale la candela, e non solo in Liguria. Se non avesse la paranoia della vittoria contro il Male, forse la sinistra comincerebbe a vincere. Cioè a pensare, a osare, a parlare di futuro, senza vivere di arroccamenti, senza agitare paure e fantasmi.