È stato uno degli indagati, Mohamed Ali Abdelghani detto Bob, a collaborare con gli investigatori dando indicazioni sul luogo dove si potrebbe ancora trovare la testa. I sommozzatori sono al lavoro ormai diverse ore per tentare di recuperare l’ultima parte del corpo di Mahmoud Abdalla, il giovane barbiere egiziano ucciso nella notte tra domenica 23 e lunedì 24 luglio e il cui cadavere è stato mutilato da due connazionali.

Anche la comunità musulmana si dice “sconvolta”. “Abbiamo pregato per Mahmoud, una preghiera collettiva con alcuni dei suoi amici che sono tutti molto tristi e arrabbiati – ha detto l’imam Husein Salah –. La nostra legge vieta di sfigurare un defunto, è un’offesa a lui e ai suoi familiari. Quel che è successo è terribile e per di più per una cosa così futile”, ha aggiunto l’imam. Per il delitto è indagato anche il datore di lavoro del diciannovenne, Mohamed Ali Abdelghani detto Tito. Prima del delitto – secondo quanto raccontato da Bob agli inquirenti – l’uomo aveva minacciato il titolare della barberia dove Mahmoud voleva andare e dove aveva fatto alcuni giorni di prova.

Almeno tre le coltellate fatali realizzate con un punteruolo, poi l’inizio della macelleria con il corpo, uscito di casa all’interno di una valigia, poi portato nel barber shop di Chiavari (raggiunto in taxi dai due, così come immortalato dalle telecamere di videosorveglianza), trasferito successivamente lungo il torrente Entella e poi sulla spiaggia dove sarebbe stato mutilato (mani e testa tagliate) e poi gettato in mare. Un lavoro imperfetto quello dei due barbieri-macellai che, in fase di interrogatorio hanno confessato accusandosi entrambi a vicenda dello smembramento del cadavere, con la mano (del 19enne) ritrovata in spiaggia nelle ore successive. Un ritrovamento che ha fatto subito scattare le ricerche.

Redazione

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