La battaglia interna ai pentastellati
Limite ai due mandati, Conte cede al diktat di Grillo: nessuna deroga ai ‘big’ del partito
Nessuna deroga al tetto dei due mandati. È questa la decisione presa dal presidente del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte che, secondo quanto rivela l’AdnKronos citando fonti interne ai pentastellati, l’ex premier ha già comunicato internamente ai ‘veterani’ del partito.
Il ‘giorno del giudizio’ per i 5 Stelle era stato annunciato questa mattina da Conte parlando in radio a Rtl, dove aveva comunicato “una soluzione” che sarebbe arrivata in giornata. “A fine giornata valuteremo il grado di coerenza del Movimento 5 stelle”, aveva detto Conte a proposito di eventuali deroghe per i cosiddetti ‘big’ pentastellati, “stiamo completando le valutazioni interne”. In ballo c’erano le ricandidature di volti noti come il presidente della Camera Roberto Fico, Paola Taverna, Vito Crimi, i ministri Fabiana Dadone e Federico D’Incà, l’ex Guardasigilli Alfonso Bonafede, artefice dell’approdo di Conte nel Movimento.
Conte che dunque cede alla linea di Beppe Conte. Il fondatore, secondo retroscena ovviamente smentiti dall’ex premier, aveva minacciato di uscire dal Movimento in caso di deroghe e chiudere baracca e burattini, essendo proprietario del simbolo del partito.
La conferma ufficiale è arrivata a distanza di ore con un post pubblicato su Facebook dallo stesso Conte, in cui l’ex premier annuncia che “alle prossime elezioni politiche non troverete, tra i candidati del M5S, chi ha già svolto due mandati”.
“Non cambia, quindi, la regola che il Movimento si è imposto dalla prima ora come forma di garanzia affinché gli eletti possano dedicarsi al bene del Paese, senza lasciarsi distrarre dai propri destini personali – aggiunge ancora il presidente dei 5 Stelle – Il mio pensiero è oggi rivolto a tutti coloro che nel corso dei due mandati hanno lottato contro tutto e tutti per vincere le battaglie del M5S. Sono partiti dai banchetti nelle loro città per chiedere giustizia sociale, legalità, tutela ambientale. Hanno sopportato sacrifici e subito attacchi e offese di ogni tipo per portare a termine gli impegni assunti con i cittadini: il reddito di cittadinanza, la legge anticorruzione, il decreto dignità, il superbonus che abbatte l’inquinamento e rilancia l’economia, il taglio dei parlamentari e dei privilegi della politica. E tante altre misure. Lasciando il seggio non potranno più fregiarsi del titolo formale di “onorevoli”. Ma per noi, per la parte sana del Paese, saranno più che “onorevoli”. Stanno compiendo una rivoluzione che nessuna forza politica ha mai avuto il coraggio neppure di pensare. Stanno dicendo che per fare politica non serve necessariamente una poltrona. Stanno dicendo che la politica è dappertutto. Ovunque ci siano le urgenze e i bisogni dei cittadini, soprattutto di quelli che non hanno privilegi, che non sono affiliati alle cordate politiche e ai potentati economici”, si legge nel post dell’ex premier.
“Il patrimonio di competenze ed esperienze con loro maturate non andrà disperso. Continueranno a portare avanti, insieme a noi, le battaglie del Movimento. Abbiamo bisogno della loro esperienza, della loro competenza, della loro inguaribile passione”, scrive Conte.
Il PD e la caduta di Draghi
L’altra questione dirimente per i 5 Stelle è quella dei rapporti con gli ormai ex alleati del Partito Democratico. Da Enrico Letta, che da giorni si sta muovendo per costruire una alleanza elettorale capace di impedire l’arrivo a Palazzo Chigi delle “destre” di Meloni, Salvini e Berlusconi, l’unico messaggio certo e ribadito quasi quotidianamente è la chiusura totale ad un accordo con i pentastellati colpevoli della caduta del governo Draghi.
Rapporti ormai logori anche dall’altra parte però. “Per queste elezioni assolutamente non se ne parla di avere rapporti col Partito Democratico”, ha spiegato infatti Conte. L’ex avvocato del popolo rinfaccia ai Dem la svolta centrista in nome della ribattezzata ‘agenda Draghi’. “Che rapporto può avere il Movimento 5 stelle con una forza politica che sta chiudendo accordi da Calenda a Di Maio a Renzi a Brunetta a Carfagna? Questa è un’ammucchiata dove noi non ci potremmo mai ritrovare, perché sono personalità divisive e litigiose. La politica fatta così significa tutto e il contrario di tutto“.
Quindi un ritorno, sempre in radio, alla caduta del governo. Ancora una volta Conte evita di prendersi responsabilità per quanto accaduto nell’aula del Senato: “Noi non abbiamo voluto la crisi. Abbiamo posto dei temi urgenti, occorreva un’azione di governo molto incisiva. Siamo rimasti increduli rispetto a Draghi che ha dimostrato la volontà di andare via”. E ancora: “Noi abbiamo una precisa responsabilità nei confronti dei cittadini: l’impegno a realizzare dei programmi, costi quel che costi”, ha affermato l’ex premier. “In 18 mesi abbiamo dovuto difenderci in tutti i modi dagli attacchi, anche quelli sul Superbonus. Il senso di responsabilità è nei confronti dei cittadini”, ha sottolineato Conte.
Conte che non ha lesinato una stoccata a Di Maio: “La coerenza ha un costo alto, noi stiamo pagando anche il prezzo di questa scissione” capitanata dal ministro degli Esteri. “Loro hanno abiurato ai principi ai valori del Movimento, ci sta“, l’affondo di Conte.
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