Grande merito di Marina Valensise, curatrice e traduttrice de “Il passato di un’illusione” di François Furet, quello di aver insistito con la Mondadori perché ripubblicasse questo testo uscito alla metà degli anni Novanta: mirabile esempio di alta storiografia politica. Ecco dunque il saggio del grande storico della Rivoluzione francese ripubblicato da una costola della Mondadori, la Silvio Berlusconi edizioni, che sta mandando in libreria altri testi del liberalismo europeo (segnaliamo qui le “Lettere inglesi” di Voltaire).

Il terrore bolscevico

Dunque, il comunismo, la grande illusione novecentesca. Quella di Furet non è la storia del comunismo: è appunto «la storia di un’illusione» sorta sulla base di un’idea al tempo stesso salvifica e considerata dai suoi sostenitori sostanzialmente ineluttabile grazie a una teoria “scientifica”, quella di Marx ed Engels, che era solo da mettere in pratica quando fossero maturate le condizioni. Ecco dunque il mito della Rivoluzione mutuata dal 1789 – il parallelo tra i giacobini e i bolscevichi fu un leitmotiv, a partire da Lenin, della iconografia propagandistica dell’Ottobre – irrobustito da alcuni parallelismi storici come il Terrore bolscevico modellato su quello del 1793-94 in Francia e fondato sulla necessità storica di annientare la controrivoluzione. Solo che il Terrore dei comunisti russi scaturiva non tanto dai fatti contingenti ma dall’ideologia in sé stessa, e infatti non fu una parentesi ma la sostanza di una non breve esperienza storica durata fino al 1989.

Furet ripercorre tutto il “secolo breve” alla luce dell’indagine relativa a questa ideologia fallimentare, appunto il celebre “Dio che è fallito” di Gide, Koestler, Silone, dalla presa del Palazzo d’Inverno sino alla caduta del Muro, quando tutto finì nel nulla. Perché proprio nulla rimane di quella lunga vicenda. Del comunismo rimane il ricordo di tragedie e anche di pagine ricche, basti pensare al fascino che esercitò su grandi intellettuali del secolo scorso. Ma fu un fallimento come pochi altri nella Storia.

Un progetto che conteneva in sé le ragioni del suo crollo, altro che “riformabilità” del sistema sovietico. «Il fallimento del regime nato dalla Rivoluzione d’ottobre e forse ancor più il carattere radicale che ha avuto, privano l’idea comunista non solo della sua terra d’adozione, ma anche di ogni rimedio», scrive Furet. Totalmente ambiguo fu infatti il tentativo di Kruscev ma velleitario anche quello di Michail Gorbaciov. Semmai una qualche forma di eredità, ma sarebbe meglio dire “continuità” con il comunismo sovietico, si vede nel successivo dispotismo di Vladimir Putin – suggerisce Valensise – che è strutturalmente incistato nel Terrore bolscevico-staliniano e per molti versi dello zarismo, così da comporre un disegno unitario della storia russa.

Il passato di un’illusione

Resta la domanda su come sia stato possibile che quella illusione abbia fatto breccia nelle menti di miliardi di donne e uomini in tutto il mondo. Il progetto dei lavoratori al potere, certo, la lotta al fascismo, la liberazione dall’imperialismo, e tanto altro ancora. L’Idea era fortissima. Ma il confine che la separava dall’Illusione era molto labile, tantoché caddero insieme – Idea e Illusione – in un giorno di novembre del 1989. François Furet va letto, o riletto, perché il suo “Il passato di un’illusione” è tra i non molti saggi storici ad avere una qualità: è definitivo.