La teoria generalmente più accreditata e accettata sulla nascita dell’universo è quella del big bang. Questa teoria deve moltissimo al lavoro di un brillante matematico russo, Alexander Friedmann, che con le sue equazioni riuscì a descrivere l’evoluzione dell’universo secondo la teoria generale della relatività di Einstein e aprì la strada alla comprensione alla teoria del big bang. Friedmann purtroppo morì a soli 37 anni di tubercolosi, nel 1925. Come succede spesso a tutti quelli che anticipano i tempi, la sua visione passò sostanzialmente sotto silenzio e il suo articolo scientifico nella quale la spiegava, fu ignorato dalla comunità scientifica. Però il suo lavoro può essere definito una vera e propria rivoluzione concettuale e consentì ad altri scienziati come Lamaitre, Gamow, Hubble, di riprendere e precisare la teoria della grande esplosione che avrebbe dato vita al tutto.

Come tutte le teorie molto complesse, anche quella del big bang conobbe tempi di gloria e tempi di grandi critiche. Oggi possiamo dire che è scientificamente accettata l’ipotesi che tutto lo spazio, l’energia e la materia siano stati originati all’incirca 13,8 miliardi di anni fa da un’improvvisa esplosione avvenuta in un singolo punto dello spazio dove c’era una densità infinita e una temperatura elevatissima. Tutto ciò che vediamo oggi era in quel momento più caldo del nucleo del sole e si espandeva così rapidamente da raddoppiare le proprie dimensioni in meno di un secondo. Per qualche minuto il nostro universo funzionò come un gigantesco reattore a fusione, come il nucleo del sole, e trasformò l’idrogeno in elio e in atri elementi leggeri finché l’espansione cosmica non diluì e raffreddò il cosmo, interrompendo il processo di fusione. Dopo oltre quattrocentomila anni di espansione esponenziale, il plasma di elio e idrogeno raffreddò, rallentando l’espansione e l’allontanamento delle galassie, che comunque continua ancora.
La teoria del big bang ha lasciato molti quesiti aperti, solo parzialmente risolti.

Le equazioni di Friedmann ci dicono cosa sia successo e come, ma non perché ci sia stata l’esplosione. Ci dicono che l’espansione non è avvenuta in un punto preciso dello spazio, ma in un numero infinito di punti simultaneamente. E soprattutto ha lasciato aperti due problemi di non poco conto, quelli dell’orizzonte e della piattezza dello spazio. Come hanno fatto regioni così distanti tra loro ad avere esattamente la stessa reazione, la stessa temperatura, lo stesso tempo di raffreddamento, senza alcuna interazione? E come ha fatto il nostro universo a rimanere così a lungo piatto, senza subire un grande collasso o una grande glaciazione, che sarebbero stati gli effetti inevitabili di un’incurvatura dello spazio stesso? Qual è il mistero che consente all’universo di rimanere in perfetto equilibrio, come una bicicletta lasciata dritta su due ruote per miliardi di anni? Questi problemi furono brillantemente risolti dal fisico Alan Guth e dalla sua teoria dell’inflazione cosmica infinita.

Una minuscola porzione di universo si è trovata in uno stato di eccezionale calore e è esplosa. Ha cominciato ad espandersi raddoppiando, e poi ancora raddoppiando, e raddoppiando ancora in modo velocissimo e diventando sempre più grande e continuando a raddoppiare. In pochi attimi quella minuscola porzione è diventato un universo che ha continuando a raddoppiare impiegando una piccola, quasi irrisoria parte di energia. Ecco perché è risolto il problema dell’orizzonte.

All’inizio del processo, le parti hanno interagito tra loro scambiandosi tutte le informazioni necessarie. Ed è risolto dalla velocità di espansione anche il problema della piattezza, perché più lo spazio si ingrandisce, più appare e rimane piatto. E si risolve anche il problema dell’energia, perché la formula della relatività di Einstein ci dice che basta liberare una piccolissima parte di energia per trasformare un grammo di materia in due grammi, e due in quattro e quattro in otto e via dicendo.
Ad un certo punto la materia si è raffreddata e l’espansione ha cominciato a rallentare. Però solo a rallentare. L’universo continua ad espandersi, continua la sa inflazione permanente e infinita.
Tutto questo è affascinante.

Anche la questione storica e politica del medio-oriente, per le scienze sociali, appare un argomento di indubbio fascino. L’esplosione del conflitto tra Israele e Palestina somiglia un po’ al big bang, alla deflagrazione, in un’area resa incandescente dalla fine della guerra, dall’olocausto, dalla contrapposizione religiosa e territoriale, di un conflitto che si è espanso vorticosamente, coinvolgendo non solo i Paesi dell’area, ma tutto il mondo. Le grandi potenze mondiali, pur distanti dall’area del conflitto, hanno finito per schierarsi per gli uni o gli altri, per ragioni storiche, geopolitiche, economiche e di potere.
Le nazioni Unite, alla fine della guerra, anche per risarcire giustamente gli ebrei dall’enorme scempio subito per mano nazista, approvarono un Piano di partizione che prevedeva la nascita di due Stati liberi e indipendenti, lo stato d’Israele e uno stato arabo in Palestina. Le rigidità arabe e palestinesi prima, la guerra che scoppiò nel 1948 con la diaspora palestinese poi, e via via l’espandersi incontrollabile del conflitto, hanno generato una situazione che ancora oggi sembra inestricabile.

In questo caso il genere umano non è riuscito ad emulare la natura, che ad un certo punto ha cominciato a raffreddare la situazione e generare una fase di stabilità. La speranza è che la ragione sia in grado di porre fine a questa inflazione conflittuale che genera morte e drammi e che sembra infinita.

Pietro Maiorana

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