Un libro da leggere senza pregiudizi ideologici
L’inganno di Alessandro Barbano smaschera l’Antimafia e i professionisti del bene
La Costituzione intesa come Carta fondamentale nasce a presidio di uno Stato liberale che offra a ogni individuo strumenti per difendersi dal potere. L’uomo è posto al centro quale soggetto di garanzia a tutela della sua libertà, il più alto dei diritti, protetto dalla doppia riserva di legge e di giurisdizione e della sua dignità, al cuore del sistema costituzionale e convenzionale. Dignità è parola di ampissimo respiro che inalvea ogni aspetto della sfera individuale e della vita di ognuno come singolo e nelle relazioni sociali: la sua rappresentazione nel privato e nel pubblico, la sua esistenza e il suo svolgersi quotidiano nel lavoro, nella famiglia, nei rapporti con la legalità e con le regole, con il potere, appunto.
Ma una regola è tale se è chiara, prevedibile, ragionevole, proporzionata, equilibrata, se il cittadino, qualunque cittadino in egual misura, non dovrà subirla ciecamente ed esserne travolto ma sarà posto nelle condizioni di rispettarla e di essere colpito da una punizione solo a fronte di una responsabilità certa rispetto alla quale abbia avuto ogni strumento per dibattere, contestare, offrire la propria verità. Ogni distorsione da tali concetti, essenza di una democrazia, può trovare giustificazione unicamente in comprovate situazioni di straordinarietà e di emergenza e soltanto per tempi limitati pena l’interruzione dello Stato di Diritto e la creazione di sacche di arbitrarietà oscure e violente perché pongono la persona che le subisce nella condizione di oggetto di diritti collocata in un cuneo cupo e incontrollabile di sostanziale illegalità.
Il fraintendimento dell’emergenza e dell’esercizio del potere statale per contenerla è tema centrale della coraggiosa analisi che Alessandro Barbano, giornalista, scrittore e saggista, da sempre fine osservatore di fenomeni politici, offre dei nostri tempi nel suo ultimo libro, L’Inganno – Antimafia, usi e soprusi dei professionisti del bene, edito da Marsilio Edizioni. Uno scritto rigoroso e capillare nutrito di accadimenti degli ultimi anni raccontati con la lente dello storico che si interroga e che interroga il lettore su un metodo di contrasto alla criminalità organizzata troppo spesso espressione del “diritto penale del nemico” alimentato dalla paura sociale e teso a insinuarla, sorretto dalla esibizione di icone del male che legittimano il concetto tutto demagogico del fine che giustifica i mezzi, teso a “inserire come elemento ordinario e strutturale del sistema misure che potrebbero giustificarsi solo in quanto risposte all’emergenza, provvedimenti eccezionali legati a stagioni di particolare allarme sociale. La normativa che riguarda i reati di mafia altro non è che una deviazione dell’ordinamento oltre lo spirito della Costituzione”.
Barbano attraversa lo strazio di vicende umane e giudiziarie, di vite interrotte e spente dall’arbitrarietà dei meccanismi ablativi delle misure di prevenzione patrimoniale, dal giogo delle inchieste spettacolo di chi vorrebbe smontare un’intera regione e ricostruirla con i Lego sbandierando l’idea di un calderone di illegalità e di promiscuità nel quale gettare quasi a caso tutta una comunità. Entra nell’abominio dei regimi speciali e privativi dentro e fuori dal processo che rendono del tutto ineffettiva la difesa; di un doppio binario che pone l’imputato fuori dall’aula, distante dal suo difensore e ammette la formazione della prova per i reati più gravi nei colloqui segreti delle procure con i collaboratori di giustizia senza alcun contraddittorio. Percorre i corridoi delle carceri, delle opportunità negate, di un non luogo dimenticato e nascosto tanto più per chi sia accusato o condannato per un reato ostativo disegnato per negare il ritorno in società e assurto a contenitore delle più varie fattispecie penali da gettare in pasto al popolo come un boccone ristoratore di una fame scomposta e indefinita di sicurezza.
Si spinge nel silenzio del 41 bis, della negazione di ogni anelito di umanità, di affettività, di aspettativa di riabilitazione e di reintegrazione, di speranza. il crimine più grande è stare con le mani in mano, direbbe Marco Pannella. Ed è il principio guida di chi affronta consapevolmente le battaglie scomode, quelle che nessuno vuole intestarsi, se ne occupa. Un libro da leggere senza pregiudizi ideologici, scrollandosi di dosso la bulimia del diritto penale quale unico strumento di difesa sociale, le bandiere polverose dei simboli, il subdolo e ottuso bisogno di nemici da sopprimere, per la riaffermazione di un concetto di giustizia che è trasparenza, uguaglianza, controllabilità, accessibilità, in ultima analisi legalità.
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