La settimana scorsa ho letto, su queste colonne, un interessante articolo di Andrea Laudadio sull’uso dei giocattoli da guerra nell’infanzia. L’argomento mi fornisce il pretesto per una ‘’cazzolata’’ che recupera, nella sua attualità, una storia avvenuta alcuni decenni orsono.
Quando ero segretario generale della Cgil dell’Emilia-Romagna avevo ereditato un rapporto di gemellaggio con un distretto della DDR, in Turingia (dove oggi è forte l’AfD) che aveva un’antica tradizione nell’industria del giocattolo. Durante una visita venni accompagnato a visitare una fabbrica del settore che produceva bambole di pezza. In quell’opificio vi era la sede del Museo nazionale del giocattolo consistente in diverse sale predisposte sulla base dei diversi periodi storici. Si partiva dall’Antico Egitto fino ad arrivare ai nostri giorni con un costante parallelismo tra la tipologia del giocattolo, la cultura e l’organizzazione sociale dell’epoca di riferimento.

Tutto andò bene fino al periodo compreso tra le due guerre mondiali, dove apparvero dei soldatini in divisa che, secondo la guida, rappresentavano l’avvento del ‘’fascismo’’. Al che ridiventai per un attimo bambino, quando i soldatini erano il mio principale passatempo.
A sentire che evocavano il ‘’fascismo’’ (gli accompagnatori usavano sempre, per pudore, questa definizione al posto di ‘’nazismo’’, anche se negli incontri politici ribadivano sempre la versione che nella Repubblica Federale comandavano ancora i nazisti, come fa adesso Putin con riferimento all’Ucraina) per quegli oggetti inoffensivi di cartapesta, mi venne spontanea una domanda: “Ma adesso avete smesso di produrre soldatini militari?’’.

La guida non si perse d’animo, confermò che quegli oggetti venivano ancora prodotti e venduti, ma che – in base al documento del Comitato Centrale della SED sul giocattolo (sic!) – i soldatini avevano una impostazione difensiva. La risposta mi sembrò coerente con l’ipocrisia di quel regime e ritenni inutile approfondire ulteriormente l’argomento.

Confesso però che mi sono ricordato di quell’episodio (che nei decenni trascorsi ho avuto modo di raccontare tante volte come una barzelletta) quando, dopo l’aggressione russa dell’Ucraina ho sentito più volte declamare che l’Occidente avrebbe fornito a quel popolo massacrato solo armamenti di carattere difensivo. In sostanza, l’ipocrisia dei fabbricanti di giocattoli della DDR era divenuta una dottrina degli Stati democratici. La cosa mi angoscia ancora di più, quando devo constatare che, anche dopo il vertice Nato di Washington la posizione dell’Italia rimane quella del divieto di usare le nostre armi per colpire i centri da cui i russi bombardano gli ospedali in Ucraina. E mi offende che per sostenere quest’ orientamento si tiri in ballo la Costituzione.