Per essere libero, Toti ha dovuto dimettersi da presidente della Giunta regionale della Liguria, dove era stato eletto nel 2020 dal voto popolare di oltre 350mila liguri, pari al 57% dei voti validi. Il suo avversario, sostenuto dal Pd, da M5S, e dalla sinistra, aveva preso il 39% dei voti. Non un processo o una sentenza definitiva hanno destituito il presidente della Regione Liguria. I nostri tribunali possono stabilire pene alternative o sospensioni di pena: qui invece la Procura stabilisce una pena definitiva, senza alcun giudizio e senza alcuna prova di reato, accertato da un tribunale. E soprattutto, viene applicata una pena che non è appellabile in nessun grado di giudizio. Una volta date le dimissioni, il voto popolare viene azzerato, e avanti il prossimo. Nel caso di imposizione delle dimissioni da un incarico elettivo, qual è la “riparazione” nel caso di errore giudiziario o di sentenza di assoluzione? È ancora un “giusto processo”, sancito dalla Costituzione, quello degli amministratori pubblici a cui si sono imposte le dimissioni, prima del processo?

Il messaggio di Pd e M5s

Nei giorni scorsi, la segretaria del Pd e il Movimento 5 Stelle pubblicavano su X un comunicato praticamente identico in cui affermavano che “Finalmente Giovanni Toti si è dimesso anche se con molto ritardo. Ora potrà affrontare le sue vicende giudiziarie senza tenere in ostaggio le istituzioni”. Non esiste alcuna differenza tra queste due formazioni politiche in particolare sul modo di fare politica e sulla concezione della politica e dello stato di diritto. A me molte scelte di Toti, anche quella della diga, non mi hanno convinto e avrei combattuto le sue scelte politiche ed amministrative. Ma al Pd e ai 5 Stelle non appartiene da tempo una concezione della politica e della lotta politica che usi gli strumenti della iniziativa, della proposta in grado di dividere le forze di governo e creare alleanze per un’alternativa di governo. E purtroppo, a destra come a sinistra, si prende a calci la Costituzione e lo stato di diritto. E si ripete la solita litania dell’“abbiamo fiducia nella magistratura”, quando si dovrebbe dire “abbiamo fiducia in un giudice terzo e imparziale”.

Nei limiti della Procura della Repubblica

Appare poi significativa di un corto circuito mediatico-giudiziario una frase scritta dall’inviato del Corriere (30 luglio): “Per chiudere l’indagine che ha stravolto la politica ligure – mettendo in fibrillazione quella nazionale – e chiedere il processo, alla Procura sono bastati appena meno di tre mesi, lo stesso tempo che Toti ha passato agli arresti domiciliari”. Sono bastati appena tre mesi? Come se non ci fossero stati quattro anni di indagini, di intercettazioni ambientali e telefoniche. E se stavano commettendo dei reati in questi quattro anni, perché la Procura non è intervenuta e ha aspettato quattro anni? Da “Mani Pulite” a “Lande Desolate”, e poi in avanti, abbiamo riscritto di fatto la norma costituzione: “La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti stabiliti dalle Procure della Repubblica”. E ben prima dei 5 Stelle (anzi, essi sono il frutto di una politica scellerata) abbiamo stabilito in Italia un “parlamentarismo inquisitorio” in cui il sospetto è già la prova di un reato, e gli indagati o i sospettati sono dei bersagli per gli avversari politici, e dei pesi per gli amici.

Se Conte e Schelin sono il futuro c’è poco da stare allegri

Da trent’anni abbiamo consegnato il voto popolare al giudizio dei pubblici ministeri. Ma la storia non conta nulla in questo paese. Se poi qualcuno crede che la corruzione (nazionale e internazionale, planetaria e cosmica) sarebbe stata spazzata via per sempre da “Mani pulite” (se non li avessero fermati) sono assai contento e felice come quando mi hanno detto che la povertà era stata eliminata. Del resto, siamo passati dalla tragedia del comizio di Occhetto, Ajala, Rutelli, con accompagnamento di monetine e girotondi, alla farsa tragicomica del comizio di Conte, Bonelli, Fratoianni che tengono in braccio la Schlein: se loro sono il “diritto al futuro”, e Meloni-Salvini-Tajani sono il presente, c’è poco da stare allegri. Ma per fortuna ci sono delle anime candide come l’on. Zanda “Ho sentito dire a Orlando, e lo condivido, che la bocciatura verso Toti fosse principalmente politica. Ciò detto mi auguro che tutta la questione giudiziaria rimanga fuori dalla campagna elettorale. E che ci si occupi di temi politici. La lotta deve essere sempre politica, non giudiziaria”.

Suscita una grande tenerezza pensare che forse ci crede: si va alle elezioni anticipate in Liguria, per scelta politica. Roba da non crederci. E se la lotta deve essere sempre politica, sarebbe ora, come aveva invocato Craxi nel suo discorso del ‘92, che il Parlamento affronti per davvero il tema dei partiti, come da Costituzione, del finanziamento pubblico, del finanziamento privato lecito e illecito, della definizione delle influenze lecite, della discrezionalità delle scelte politiche e amministrative, legittime e illegittime, stabilendo dei paletti ben precisi di distinzione tra politica e indagine giudiziaria, che deve essere libera di indagare sui reati, ma non deve e non può sostituirsi alla volontà popolare. Una volta il Salmo diceva “Beato l’uomo che non segue il consiglio degli empi, non indugia nella via dei peccatori e non siede in compagnia degli stolti”, ma devono averlo cambiato.