Il mercoledì nero delle ferrovie italiane
L’Italia va a rotoli, non possono dirci che è stata colpa di un chiodo: Salvini taglia nastri ma non i disservizi
Per consolare i bambini si dà la colpa all’oggetto. “Hai sbattuto sulla porta, amore? Che cattiva, la porta!”. Ma noi non siamo bambini. Non possono dirci che è stata colpa di un chiodo. E neppure di un salvavita che è scattato, bloccando così una cabina elettrica in cui è scattato un altro salvavita che non ha fatto partire l’impianto di riserva. Qui, invece che bambini, si ha la sensazione di essere condomini in assemblea, tranquillizzati da un amministratore un po’ troppo furbetto. Il problema, come sempre, è nei numeri. In coda alle cronache sul mercoledì nero delle ferrovie italiane, ci sono gli enormi aumenti dei passeggeri e dei treni: dal 2009 ad oggi, ad esempio, sulla tratta Milano-Roma si è passati da 1 milione di passeggeri a 3,6 milioni, e il numero dei treni è volato da 16mila a 51mila.
Salvini taglia nastri ma non i disservizi
Ecco, il punto non è Salvini che fa i post sui nonni o su Pontida, è Salvini che, come i suoi predecessori, taglia nastri su nastri – proprio mercoledì ce n’era uno in programma alla stazione Ostiense con Stefano Donnarumma – e non si pone il problema di adeguare le strutture alle esigenze, e di rispettare così le persone e l’economia di un paese che resta pur sempre una grande potenza industriale. Anche le scuse dell’Ad di Rfi, apprezzabili per sincerità e stile, parlano di interventi sanzionatori verso la ditta privata e di controlli sulla catena che dovrebbe preservare da tali disastri. Ma non pone neppure lui il tema decisivo: c’è un’azienda, e dietro di lei uno Stato, che pensa non ai grandi scenari del futuro ma alla semplice gestione del presente? Qualcuno ha mai smentito Italo, che, sull’aumento dei disservizi sull’alta velocità, mette nero su bianco che solo il 16% deriva da cause esterne, mentre il 61,4 dipende direttamente dal gestore della linea, cioè Rfi?
Dissesti, sanità, trasporti, il Paese va a rotoli
È davvero amaro sentir parlare di raduni con i neonazisti o di campo largo, così come vantarsi dell’export del sud, mentre c’è un paese che va a rotoli nelle sue fondamenta, cioè le infrastrutture, dai dissesti idrogeologici alla sanità, dall’acqua alle strade fino ai trasporti ferroviari. Ed è avvilente che una struttura di servizio come le Ferrovie, in questo quadro, non abbia ancora compreso la necessità imprescindibile di informare i cittadini con continuità e tempestività sulle ragioni dei disservizi.
Il ministro chiede “i nomi di chi non ha fatto il proprio lavoro”, Rfi annulla il contratto con la società responsabile del crimine. Tutto bene, tutto risolto? Per ora un bel nulla, ma al primo treno che riparte in orario c’è da giurare che nessuno chiederà scusa a nessuno e si riprenderà a tagliare nastri. Poi, si leggono i dati delle associazioni consumatori, secondo cui solo nell’ultima settimana sono stati ben 9 i guasti alla linea elettrica sull’alta velocità di Roma, e viene da chiedersi: quanti chiodi e quanti cavi, quante cabine e quanti salvavita serviranno per capire che un paese che vuol crescere deve in primo luogo funzionare?
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